Latina. Neonata venduta per 20 mila euro. Griffini (Ai.Bi.) “Senza più alcun limite: ecco dove si arriva con la “cultura” del figlio ad ogni costo”

Il figlio diventa l’oggetto di un desiderio per cui pur di ottenerlo si è disposti a tutto, quindi dal mercimonio, alla compravendita, alla pratica dell’utero in affitto  … Tutto pur di soddisfare questa voglia di avere un figlio. Si arriva così a superare il limite dell’etica, il limite del diritto dell’altro, per cui diventa veramente normale acquistare un figlio. Non è assolutamente un atto di accoglienza, è un atto di possesso”. Commenta così Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. Amici dei Bambini, intervistato ieri, 29 aprile, da Marco Guerra, giornalista di Radio Vaticana a proposito della terribile vicenda di compravendita di una neonata a Latina per 20 mila: acquistata, ritirata, visionata e respinta al mittente. Così è stata trattata, come un pacco, da tre balordi, finiti in manette: a trenta giorni di vita ha già conosciuto quanto può essere squallido e crudele l’essere umano.

Per ventimila euro aveva comprato la figlia di Nicoleta Tanase, romena di 24 anni, che non voleva la bambina. L’aveva, infatti, prima lasciata in ospedale ad Anzio, dove era stata partorita, poi era tornata a prenderla in tempo utile perché non fossero avviate le pratiche di adozione, sapendo che con l’intermediazione di Iusseff Berrazzouk, marocchino di 39 anni residente a Latina, l’avrebbe venduta ricavando una bella somma.

La vicenda è indice di questa subcultura che ormai si è creata così nel contesto italiano – continua il presidente Griffini -, ma anche europeo – se non mondiale – di questa ricerca del figlio ad ogni costo. Il figlio diventa l’oggetto di un desiderio per cui pur di ottenerlo si è disposti a tutto, quindi dal mercimonio, alla compravendita, alla pratica dell’utero in affitto…Tutto pur di soddisfare questa voglia di avere un figlio. Si arriva così a superare il limite dell’etica, il limite del diritto dell’altro, per cui diventa veramente normale acquistare un figlio. Non è assolutamente un atto di accoglienza, è un atto di possesso”.

Alla domanda del giornalista, dell’esistenza di casi anche in Africa di donne messe a partorire bambini per coppie occidentali, il presidente Griffini precisa che “questa è una cosa risaputa da tempo. Si sapeva di questi viaggi turistici di donne che vanno in questi ospedali dove avviene il passaggio dalla madre al figlio con il riconoscimento. La pratica è effettivamente in uso prima dell’utero in affitto. Quando quest’ultima è stata liberalizzata in alcuni Paesi, il suo utilizzo è diventato quasi normale. Qui si impone subito una considerazione: da un punto di vista etico mi pare che i figli debbano “nascere” in due modi: o nella propria pancia o in adozione”.

E così, si ribadisce che programmare fin dal concepimento un bambino che non avrà la propria madre, il proprio padre, quindi creando volontariamente un orfano, è un reato.

“Prima di essere un reato è una cosa oscena. Mi chiedo come si possa pensare di mettere al mondo un figlio e poi di venderlo; un conto è invece portare a termine una gestazione coma avviene per molti dei nostri figli adottati, una gestazione con tutte le difficoltà, in cui la madre poi decide di abbandonarlo per darlo in adozione. Assistiamo moltissimo a questi fenomeni, donne disperate che decidono di non abortire e pur sapendo che non potranno accudire questo bambino portano comunque a termine la gravidanza per poter dare a questo bambino un futuro nell’adozione.Siamo ai confini del dono: ti regalo la vita affinché tu possa essere accolto”.

Nel caso di Latina almeno a quanto risulta non è un problema razziale, ma un problema di riconoscimento, in quantoquesta madre acquirente avrebbe voluto far vedere che la figlia era un prodotto del suo ventre, ma essendo mulatta, non avrebbe potuto giustificare il fatto del colore all’ufficiale dell’anagrafe. Però effettivamente vediamo,come per esempio nelle pratiche dell’utero in affitto, ci sia tutta una selezione della scelta della madre in relazione alle caratteristiche eugenetiche, per cui si vuole trovare quello che assomiglia di più, la madre più bella per aver il bambino più bello … Chi acquista vuole un prodotto perfetto”.

Quindi avere un figlio diventa da un atto di accoglienza un capriccio che deve essere soddisfatto anche secondo determinati criteri

Il termine accoglienza non c’entra niente. Quando subentra una vendita, l’accoglienza lasciamola da parte. Lo vediamo, purtroppo, in alcune famiglie che, avendo subito la selezione ma non essendo stati accompagnati, arrivano purtroppo all’adozione con questi concetti, quindi accogliere un figlio che corrisponde ai propri desideri, di età, di colore, di sesso, di pelle. E questa non è accoglienza; l’accoglienza è l’accoglienza di un dono che poi produrrà molti frutti buoni e belli”.

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Fonte: radio Vaticana