L’Austerity si abbatte anche sui minori con problemi familiare. “A 18 anni e un giorno costretti a buttarli fuori”

adolescents_small 100Una volta facevamo progetti anche per i ragazzi che diventavano maggiorenni, per accompagnarli nella vita. Ora ci hanno detto che a causa di mancanza di fondi a 18 anni e un giorno dobbiamo buttarli fuori». Daniela Recchia, responsabile della casa famiglia Felix di Roma non si dà pace. Al momento ospitano otto minori, tutti maschi. Fino a qualche settimana fari uscivano a creare dei periodi di «cuscinetto» anche per i diciottenni. Alloggio e un tutor che li aiutasse a cercare lavoro. Adesso invece li devono accompagnare alla porta. «Non li possiamo più seguire, ma trovare un lavoro è difficile per tutti figurarsi per un ragazzino dalla vita non lineare».

Una casa famiglia ha dei costi: l’affitto, le spese alimentari e perla scuola di ogni bambino, l’intrattenimento minimo che non li faccia sentire troppo diversi dai coetanei. E poi il costo del lavoro. Sempre più mortificato. Gli operatori, tutti necessariamente laureati, sono per la maggior parte precari, con stipendi bassissimi. Lo stesso gli assistenti sociali. Al pubblico ha interrotto le assunzioni. La stragrande maggioranza è stata assunta negli anni ’70 con l’apertura dei centri anziani e dei consultori, oggi vanno in pensione e quindi servizi fondamentali di sostegno alle famiglie vengono chiusi per assenza di personale», spiega Simonetta Cavalli, consigliere dell’Ordine nazionale degli assistenti sociali. Ogni bambino in difficoltà richiederebbe una presa in carico dai servizi territoriali. I quali devono costruire un progetto su di lui. «Ma come si fa– si chiede Cavalli – con contratti di 6 mesi? O devono far finta di non vedere le situazioni problematiche o devono chiedere un intervento d’urgenza ma dopo non sono responsabili di quel che succede».

A Roma nell’ultimo periodo Danno chiuso diverse case famiglia. Operatori e assistenti sociali sempre più spesso vengono spinti a lasciare. » Diventa un lavoretto che uno fa per un periodo ma che non può sostenere per sempre. Così noi diciamo ai ragazzini che devono costruirsi un progetto di vita mentre gli operatori stessi non ce lo possono avere, e devono fare contemporaneamente i camerieri per mandare avanti una funzione delicatissima». «Ci chiedono miracoli», chiosa Recchia dalla trincea di un lavoro sociale delicatissimo per gli equilibri della società tutta. E che nonostante gli slogan sulla famiglia si vede sempre più mortificato. I fondi per il sociale sono passa dai 2.062,70 milioni di euro previsti per il 2008 dal governo Prodi ai 150,2 milioni previsti per il 2012 da Berlusconi (dati Pd).

Tutte le voci in capitolo sono state ridotte: il fondo perle politiche della famiglia è passato dai 348,5 milioni dei 2008 a 32 milioni nel 2012; quello perle politiche giovanili da 137,4 a 8,2; per le politiche sociali si sono investiti 929,3 milioni con Prodi, 70 con l’ultimo governo; e poi il fondo per l’autosufficienza completamente azzerato (da 300 milioni nel 2008), stessa sorte per quello degli asili nido (da 100 milioni a zero) e per quello sugli affitti (da 205 a zero). «La qualità al momento si basa sulla buona volontà degli operatori non pagati in base alla professionalità che viene richiesta», dice ancora la responsabile di Felix. Recchia lavora anche in un centro per la famiglia del Municipio V della Capitale, le cui attività ora sono prorogate di mese in mese. «Come si può dare sostegno ai genitori e fare prevenzione così?». Al sistema del welfare è stato smantellato, il risultato è che la famiglia è lasciata sola», dice Liviana Marelli del Cnca. 

La prevenzione sarebbe la chiave. Non solo per una società più sana, anche per risparmiare. «Costa meno dell’emergenza – spiega Cavalli –c’è bisogno di consultori di prossimità con personale presente per evitare che una situazione familiare difficile crolli nella disperazione. I drammi nascono nella solitudine, nella difficoltà di incontrare lo Stato in maniera semplice, non solo quando il bisogno diventa estremo». A conti fatti un allontanamento del minore dalla famiglia costa moltissimo, così come le spese sanitarie per una situazione ormai incancrenita o quelle carcerarie. «II ragazzino abbandonato rischia di delinquere, i soldi risparmiati per la sua presa in carico prima diventano poi una spesa enormemente più alta mentre i danni sono irreparabili».

Il lavoro fatto prima sulle famiglie è un investimento economico, «che dovrebbe essere considerato vitale per la società». Per Mare]li, al momento la cosa più urgente da fare nel Pese «è ripensare il welfare come motore di sviluppo, prevedere la giusta allocazione di risorse, se si accompagnano le famiglie nei periodi di difficoltà, come questo di crisi, si evita che si schiantino».

«Pensiamo di essere immuni dalla visione di bambini poveri che vagano per strada – nota Cavalli – ma la realtà è che non li vediamo perché gli italiani hanno smesso di farli. Con redditi precari, senza casa, senza asili, senza sostegno, l’Italia si ritrova senza cambio generazionale. E questo è un evidente simbolo di povertà del Paese».

(Da L’Unità, 4 marzo 2013)