Le adozioni diventano un reality

adozioniAn Huy è un bambino bellissimo con gli occhi a mandorla: ride, piange, gioca e scopre la vita in braccio ad Annalisa che è la sua mamma adottiva. Perché ci sono bambini “che nascono dalla pancia, e altri che nascono dal cuore”, come dice Annalisa, con una frase che chiunque abbia adottato un figlio sa che prima o poi forse utilizzerà, per spiegare a questi bambini venuti da lontano di quale “maternità speciale” siano il frutto.  An Huy, che arriva da Hanoi, Vietnam, ancora non sa che la sua scoperta dei genitori, Annalisa e Manilo, il suo addio all’orfanotrofio, i suoi primi giorni “da figlio”, avvengono sotto l’occhio vigile di una telecamera, che ne riprende ogni gesto e ogni emozione, la sua paura e il suo smarrimento, e poi, finalmente, i sorrisi e i primi passi.

An Huy è infatti il primo (inconsapevole) protagonista di una “docufiction” sull’adozione internazionale, che La7 manderà in onda a partire dall’11 febbraio.

Un vero racconto dal vivo del percorso di sei coppie italiane, seguite e filmate fin dal momento dell'”abbinamento”, quando cioè viene consegnata loro la foto di quel bimbo che presto diventerà figlio, fino all’incontro nel paese straniero e al rientro in Italia.

A qualche settimana dalla messa in onda, il dibattito sulla “giustezza” o meno di questa operazione, soprattutto tra i genitori “in attesa”, è già infuocato. Spiega Chiara Salvo, una delle due autrici: “Il mio intento è stato quello di raccontare delle straordinarie storie d’amore. Cercando di fare un parallelo tra la maternità adottiva e quella biologica, ma senza nascondere le criticità di alcuni di questi incontri, soprattutto quando nelle famiglie entrano bambini più grandi”.

Per Simonetta Matone, a lungo giudice minorile, la preoccupazione non è tanto la privacy forse violata dei minori, quanto “il rischio di mandare un messaggio edulcorato”. “La difficoltà – spiega – non è tanto il prima ma il dopo. Purtroppo molte adozioni internazionali non hanno il finale felice che ci si aspetta, nella mia esperienza ne ho viste diverse fallire. Ci vuole cautela”.

Critico lo psicologo Marco Chistolini, esperto di adozioni. “Non c’è bisogno di violare una sfera così privata per parlare in modo corretto dell’adozione. Penso ad esempio all’impatto che una trasmissione del genere può avere sui bambini che già da tempo vivono qui. I loro compagni magari vedranno il programma e il giorno dopo il ragazzino adottato sarà ascritto a quella realtà, al centro di un’attenzione che non ha cercato. No, non bisogna esporre i bambini, per loro è sempre un trauma…”.