L’inferno per 10 milioni di persone, ma la Siria non è Haiti!

EMERGENZA SIRIAHa fatto il giro del mondo la foto che mostra migliaia di persone, in Siria, in fila per un pezzo di pane: un’immagine che racconta di una tragedia immane che sta capitando sotto i nostri occhi, non tanto lontano da casa nostra. Eppure il mondo, Italia compresa, sembra indifferente alla tragedia che da quasi 3 anni si sta consumando in Medio Oriente. Poco lo spazio sui media, scarso l’impegno della società civile e perfino gli appelli delle più alte personalità sembrano cadere nel nulla. Ciò che pare più inquietante è che il modo di affrontare la crisi siriana sembra diverso rispetto ai casi del tutto analoghi che si sono succeduti sul pianeta negli ultimi decenni.

Tre anni di conflitto hanno provocato più di 100mila morti e oltre 680mila feriti. Gli sfollati che si trovano ancora all’interno della Siria sono 6,5 milioni, mentre altri 2,5 milioni sono rifugiati nei Paesi vicini. Un dato di poco inferiore a quello dei profughi fuggiti dall’Afghanistan, che con i suoi 2,55 milioni è attualmente il Paese con il più alto numero di rifugiati al mondo, ma si è calcolato che, entro la fine dell’anno, il numero di esuli siriani potrebbe arrivare a toccare quota 4 milioni. I siriani che hanno bisogno di assistenza sono 9,3 milioni, ma il sistema sanitario del Paese è al collasso e non può venire incontro alle esigenze di un così vasto numero di persone. Il 64% degli ospedali pubblici risulta infatti danneggiato o distrutto nel corso della guerra, il 40% è fuori servizio. “La sofferenza della popolazione si riflette in un aumento dei disturbi legati alla salute mentale, alla scarsità di cibo, alla sottonutrizione e in un aumento delle violenze sessuali” ha denunciato Margaret Chan, direttore generale dell’Osservatorio mondiale della sanità. A pagare le conseguenze peggiori di questa situazione sono i bambini, sempre più spesso vittime di bombardamenti, malnutrizione, violenza, tortura e reclutamenti da parte dei combattenti, oltre che, in misura enorme.

Tutto il mondo, Europa e Italia in prima linea, è chiamato a fare qualcosa per ampliare la risposta umanitaria a questa crisi. È necessario offrire maggiore sostegno e assistenza finanziaria, per consentire ai siriani di trovare rifugio nei loro territori e per permettere ai Paesi terzi di fornire altre forme di protezione ai rifugiati.

Ma sulla crisi siriana regna una generale indifferenza. I mass media non ne parlano o, se lo fanno, si concentrano sui pur fondamentali aspetti geo-politici, ignorando però i risvolti umanitari di una tragedia senza precedenti nella nostra epoca. Toccherebbe a loro fare conoscere la drammatica realtà che il popolo siriano è costretto ad affrontare e fare il primo passo per smuovere le coscienze del resto del mondo che non sa o guarda indifferente ciò che accade in Medio Oriente.

Questa “freddezza” nei confronti dell’emergenza siriana si traduce in una scarsa presa di posizione da parte della società civile: al di là di sporadiche iniziative, scarsissimi sono i tentativi di attivarsi per fare qualcosa di concreto per milioni di bambini, donne e uomini straziati dalla guerra, inesistenti sono le raccolte fondi per procurare aiuti umanitari.

Perfino gli ultimi appelli del Papa sembrano essere passati inascoltati: la proposta di una giornata di digiuno in opposizione ai crimini commessi in Siria, al di là di un’adesione di massima, non ha poi avuto seguito ed effetti concreti.

Mai, negli ultimi decenni, una crisi umanitaria di siffatte proporzioni si era scontrata con un tale muro di indifferenza. La guerra civile in Bosnia, la crisi del Kosovo, le ripetute emergenze in Albania, ma anche il dramma dello tsunami nel Sud-est asiatico e quello del terremoto ad Haiti: in tutti questi casi si è assistito a un moto di solidarietà che, nel limite delle possibilità di ognuno, aveva visto un notevole impegno della comunità mondiale nell’offrire aiuti alle popolazioni travolte da conflitti o catastrofi naturali. Eppure, “per modalità e per tipologia di vittime, i crimini commessi in Siria sono assai più gravi di quelli perpetrati nella ex Jugoslavia”, come denunciato da Carla Dal Ponte, membro della commissione d’inchiesta Onu sulla Siria. Non si può ignorare il fatto che tutto ciò, invece, per la Siria non sta accadendo. Che cosa distingue l’emergenza siriana dalla altre che si sono verificate nel corso degli anni? Perché per la Siria non si fa quasi nulla?

La crisi economica mondiale potrebbe essere una causa di questa minore disponibilità di risorse da destinare alla popolazione del paese mediorientale, ma non può diventare la giustificazione di una forma di disinteresse come quella a cui si sta assistendo.

L’indifferenza non farebbe altro che condannare definitivamente quei 3 milioni di bambini siriani che oggi non hanno la possibilità di frequentare la scuola. L’educazione di questi bambini è fondamentale per poter dare un futuro di pace alla Siria. Sono decide di migliaia i bambini che ogni giorno rischiano la vita a causa della fame e della malnutrizione. In conseguenza di tutto ciò un’intera generazione di siriani rischia di andare persa. L’impegno di ognuno di noi è fondamentale per salvare milioni di figli di questa guerra e dare loro un futuro.

 

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