Marocco: nei prossimi 5 anni 80 mila orfani arriveranno in Italia

Rabat- Sul quotidiano AUJOURD’HUI LE MAROC di Casablanca leggo oggi un trafiletto che riporta i dati di un’indagine effettuata dagli studenti de l’INSEA – INSTITUT NATIONAL DE STATISTIQUE ET D’ECONOMIE APPLIQUEE di Rabat , nel quale si afferma che l’84% dei minori istituzionalizzati di età compresa tra i 13 e i 18 anni dichiara di voler emigrare nel Bel Paese dopo il raggiungimento della maggiore età, il restante 16% si divide equamente tra Francia e Spagna.

Immediatamente rivedo le immagini degli sbarchi di profughi provenienti dalla Tunisia e dalla Libia  e penso che forse sto correndo troppo in fin dei conti è soltanto una statistica. Cerco di tradurre in numeri la percentuale e il dato mi allarma ancor più, nei prossimi 5 anni 100.000 giovani ragazzi marocchini si troveranno a dover imparare a vivere soli, senza una casa, senza riferimenti e magari in un paese straniero.

Decido di verificare personalmente la veridicità della notizia e grazie all’aiuto dell’associazione locale Ostraty riesco ad ottenere il permesso di poter entrare in un istituto per poter parlare con i ragazzi.

La conferma è brutale, alla domanda: “Cosa farete quando uscirete dal centro?”; un coro unanime di voci si alza festante: “Andremo in Italia”.

Dopo un secondo di orgoglio patriottico, la tristezza e la preoccupazione per il futuro di questi ragazzi si palesa sul mio volto, mentre l’operatrice marocchina del centro, infastidita, incalza i giovani chiedendo loro cosa avesse, secondo loro, in più l’Italia rispetto al Marocco..e qui si sono aperte le danze delle fantasie e dei luoghi comuni, condite dalla speranza di raggiungere un lontano parente che vive in Italia; ho appreso che stranamente tutti questi ragazzi hanno un cugino in Italia…

Approfitto della visita al Centro per fare due chiacchiere in particolare con un ragazzo di nome Abdellah che aveva affermato di voler venire in Italia, ma mi era sembrato più titubante degli altri.

Pur usufruendo di una traduzione simultanea dall’arabo, non mi perdo un singolo movimento degli occhi di Abdellah e riesco a cogliere l’emozione, l’ingenuità e la genuinità di questo ragazzo. Mi racconta la sua storia, tutti i suoi “ricordi” rimaneggiati dalla mano di un adulto, iniziano dal primo ingresso in un Centro per bambini abbandonati all’età di un anno e mezzo, per poi passare in un altro centro dai 5 ai 13 anni ed infine il suo recente approdo a questo centro che lo ospiterà fino ai 18 anni…e poi via in Italia.

Abdellah tiene molto a precisare che lui è solo, non ha genitori e non ha più neanche gli amici con i quali è cresciuto nel centro precedente. Rifletto su quello che mi dice e capisco il senso del suo desiderio di andare in Italia e raggiungere il “cugino”: cos’ha da perdere Abdellah? La risposta è: Niente.

Non ha una radice che lo tenga in questa terra marocchina, non ha una famiglia, non ha un appoggio, ha solo la speranza che l’Italia sia effettivamente il Paese dei Balocchi.

E allora mi indigno: ma com’è possibile che nessuno abbia pensato a regalare un futuro, che si traduce in una famiglia, a questi bambini?..fino a qui li ho definiti ragazzi, ma Abdellah a 14 anni dorme con l’orsetto e con il dito in bocca.. com’è possibile che con tutte le coppie desiderose di essere accolte da un bimbo per trasformarsi in una famiglia, milioni di bambini sono “ostaggi” delle nostre inadempienze legislative nel riconoscimento dell’istituto di protezione dell’infanzia abbandonata nei Paesi islamici???

In Italia, tristemente come sempre, affrontiamo le “emergenze” e ci dimentichiamo che esiste una cosa chiamata prevenzione e una famiglia per questi bambini potrebbe essere la soluzione.

Quella che in un primo momento mi era sembrata titubanza in realtà era solo timidezza, Abdellah è determinato a partire per l’Italia, non sa bene come arriverà, “se con la barca o a piedi”, ma in qualche modo farà e qualcosa mi dice che accadrà proprio così.

Vincendo il timore di una risposta negativa, Abdellah mi rivolge la sua unica domanda: “Posso venire a salutarti quando sarò in Italia?” la risposta istintiva e stata: “Certo, Abdellah!” e ci siamo salutati. Ma nel momento in cui stavo uscendo dal Centro mi sono resa conta di essere diventata, per Abdellah, una dei “cugini” nei quali riporre tutte le speranze, una senza nome e senza indirizzo.

Non è possibile, torno indietro e lascio ad Abdellah il mio biglietto da visita, i suoi occhi hanno iniziato a brillare di gioia e di futuro io sono convinta che mio marito, i miei figli ed io saremo pronti ad accogliere questo “figlio di nessuno”.

Ritrovo per un istante la leggerezza che avevo prima di entrare nell’istituto e anzi che avevo prima di leggere l’articolo sui ragazzi dei centri che desiderano emigrare in Italia….

….e gli altri 99.999??…

Hiba G.