Marocco: verso una modifica della legge sulla kafala

Si è concluso domenica 3 Ottobre, l’atteso Salone sull’infanzia e la kafala in Marocco, organizzato dall’Associazione “BéBés du Maroc” in collaborazione con la Jeune Chambre Internazionale (JCI) – Maroc.

Ad inaugurare l’evento, oltre agli organizzatori, erano presenti la Ministra dello Sviluppo Sociale, della Famiglia e della Solidarietà Nezha Skalli, il Delegato di Casablanca dell’Entraide Nationale (ente pubblico che lavora a favore dei bambini abbandonati assistendo le associazioni che gestiscono i centri di accoglienza), e un rappresentante del Ministero della Gioventù e dello Sport.

Importanti le parole della Ministra Skalli, che oltre ad esprimere la sua piena disponibilità verso gli organizzatori dell’evento, si è mostrata anche aperta al dialogo con gli altri rappresentanti della società civile, soprattutto con un membro dell’associazione marocchina di genitori adottivi (Osraty) che le ha fatto notare i problemi che provocano i vuoti della legge marocchina sulla kafala.

La stessa Ministra, confermando le carenze della legge sulla kafala, ha dichiarato che una equipe del suo Ministero sta lavorando proprio sulla predisposizione di una proposta di modifica della legge e si è detta pronta a collaborare con le associazioni della società civile per migliorarla.

La seconda giornata del Salone, più istituzionale, è stata aperta con la conferenza “Attori istituzionali, quale ruolo nella protezione dell’infanzia in Marocco?” dove erano presenti diversi rappresentanti delle istituzioni implicate a favore dell’infanzia, prima fra tutti l’Entraide Nationale. Significativo l’intervento del rappresentante del Ministero per lo Sviluppo Sociale, Abderrezak Adnani, che ha spiegato alla platea l’esistenza di nuovi centri in Marocco, di recentissima costruzione ed organizzazione, chiamati Centri Sociali, intesi come unità di protezione dell’infanzia, composti da più centri raggruppati in uno solo.

Delusione totale, la conferenza pomeridiana “Adozione e kafala, tra diritto e religione”, su cui erano state riposte la stragrande maggioranza delle aspettative, a causa dell’assenza del rappresentante del Consiglio Superiore degli Oulema (teologi islamici).

Quest’ultimo ha scontentato fortemente il pubblico, composto prevalentemente da famiglie kafil o da rappresentanti di associazioni della società civile, che si aspettavano un confronto costruttivo sul tema della kafala, dal punto di vista diritto-religione, che è il più delicato.

La giornata conclusiva del Salone, dal tono completamente diverso e di alto livello, ha visto protagonisti i rappresentanti della società civile che hanno spiegato il loro ruolo nella protezione dell’infanzia, mettendo in evidenza i problemi più o meno importanti che ogni associazione si trova a dover affrontare, soprattutto a causa di una carente ingerenza da parte dello Stato.

Importante l’intervento della pedopsichiatra e soprattutto di due giuriste specializzate nel dominio della kafala che hanno messo in evidenza le lacune della legge del 2002 e dei problemi che essa comporta, azzardando addirittura alla platea l’idea di mutare la kafala in adozione semplice, cosa che – come ha detto la giurista Aicha Loukhmas – risolverebbe diversi problemi anche a livello internazionale, portando l’Italia come esempio emblematico.

Una proposta comune è emersa da tutte le associazioni presenti: quella cioè di creare un collettivo o una rete di associazioni implicate nella protezione dell’infanzia a rischio e abbandonata, affinché insieme si possa agire con più forza nella protezione dell’infanzia abbandonata e soprattutto si possa fare pressione sui decisori politici. Le modalità di organizzazione e strutturazione di questo collettivo non sono state apertamente definite ma verranno esaminate nei prossimi mesi.

Quel che è importante infine è che tutte le associazioni, anche quelle che gestiscono centri di accoglienza per minori abbandonati, partono da un importante principio comune che è quello di trovare una famiglia per ogni bambino abbandonato.