Monya Ferritti (Care): «Per la prima volta l’adozione entra in una riforma scolastica: la parola d’ordine è ‘personalizzazione’»

bambini scuola spalle 400 286La parola ‘Adozione’ entra per la prima volta all’interno della riforma della scuola. E’ il frutto di quattro anni intensi di lavoro del Care, Coordinamento delle Associazione familiari adottive e affidatarie in rete, e del Ministero dell’Istruzione.

Si schermisce la presidente Monya Ferritti: «Tutto è partito da numerose richieste arrivate da famiglie adottive  della Lombardia, noi abbiamo lavorato intensamente ma senza l’impegno fondamentale del Ministero dell’Istruzione non saremmo approdati a nulla».

E concretamente cosa comporta questa novità? Intanto che il famoso anno ‘ponte’, tra la scuola materna e la scuola elementare sarà consentito in tutto il territorio nazionale. I bimbi adottati potranno restare cioè un anno in più alla scuola materna, per familiarizzare di più con la lingua e la loro nuova realtà senza l’assillo dell’apprendimento. Ma l’attuazione delle Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati comporta ben altre aspetti. In primo luogo la formazione dei docenti, in secondo luogo la nomina di referenti regionali  e provinciali all’interno del Miur e delle singole scuole. Il terzo aspetto riguarda l’adozione nazionale. Il Care ha ottenuto che venga fatta maggiore attenzione da parte delle scuole nel trattamento dei certificati soprattutto nei casi di rischio giuridico. Quarto punto è il coinvolgimento di enti e servizi sociali nelle procedure di accoglienza degli alunni adottati. Quinto. L’attenzione alla continuità scolastica. Perché i bambini adottati possono avere maggior difficoltà proprio nel passaggio da un tipo di scuola all’altra. E l’attenzione alla fase critica dell’adolescenza. Perché la riflessione sull’identità che crea disagio nei ragazzi, può essere maggiormente acuta negli alunni adottati con conseguenti ricadute sul rendimento scolastico. Sesto e non ultimo il problema dell’apprendimento della lingua. Gli alunni adottati quasi sempre devono sostituire la loro lingua madre con l’italiano e quindi presentano diversità notevoli rispetto a minori stranieri che ‘semplicemente’ devono aggiungere una lingua nuova  a quella che comunque continuano ad usare con i propri familiari.

Volendo sintetizzare le Linee guida in una sola parola, la presidente Ferritti commenta: “Quello che le Linee Guida ribadiscono con chiarezza è la necessità di personalizzare l’intervento educativo. Come dire, nell’affrontare il tema adozioni e scuola non è possibile comporre una ricetta standard valida per tutti. Gli alunni adottati vanno accolti nelle loro specificità e il progetto educativo deve essere pensato e costruito secondo le necessità di ciascuno”.

Ci sono voluti quattro anni di incontri, analisi e tavoli tecnici per mettere a punto questo che è un progetto condiviso. Esempio di quanto l’apparato burocratico possa in alcuni casi funzionare perfettamente, integrando le istante che provengono dal basso, cioè dalle famiglie, con le competenze professionali necessarie per modificare una legge. Sottolinea la Ferritti: «A garantire continuità pur negli avvicendamenti dei vari Ministri- tutti sempre molto ben disposti riguardo all’iniziativa- è stato il direttore generale del Dipartimento Benessere dello studente, Giovanna Boda e con lei tutti i vari dirigenti e funzionari del Ministero».

Adesso che lo strumento normativo c’è, la speranza di tanti genitori adottivi è che la scuola sia un luogo dove i propri figli sperimentino concretamente il ‘benessere’ di essere studente.