Napoli: 40 Comunità Educative a rischio chiusura per mancanza di fondi

napoliDa tre anni vanno avanti faticosamente solo con risparmi privati e la situazione sta diventando davvero insostenibile. Le comunità per minori di Napoli non ricevono i pagamenti dal Comune da oltre 36 mesi e rischiano di dover smettere la loro attività. Delle 40 strutture di accoglienza, che lavorano per il Comune, circa la metà chiuderà definitivamente e i bambini custoditi dovranno essere ricollocati altrove. “Parliamo di minori già traumatizzati – afferma il portavoce del Coordinamento regionale delle Comunità di tipo familiare, Salvatore FedeleOra subiranno un nuovo choc, venendo allontanati dalle persone che se ne sono presi cura e dall’ambiente a cui si erano, a poco a poco, abituati. E’ come costringerli a rivivere un secondo abbandono”.

Alcuni centri hanno già chiuso, come la Comunità per minori Itaca. La presidente, Carola Acunzo racconta quella che ha il sapore di una vera e propria resa: “Ci siamo trovati costretti a sospendere tutte le attività e ad allontanare i minori che avevamo in affidamento: ora abbiamo solo sei mesi prima che ci venga anche revocata la licenza”.

Che il costo delle comunità educative stesse diventando insostenibile è un allarme che Ai.Bi. ha lanciato da tempo. Ci sono quindi due alternative possibili: o potenziare il sistema dell’affido, che consentirebbero un significativo risparmio per lo Stato, visto che il costo di un minore in affido è circa 6 volte inferiore rispetto alla soluzione della Comunità; o riaprire gli istituti, la cui chiusura era stata decretata dalla L.149/2001.

Stando ai dati del ministero delle Politiche sociali, i 14.781 minori attualmente ospitati nelle comunità costano circa sei volte di più di quelli in affido familiare: 79 euro al giorno contro 13 euro.

Il costo complessivo annuale è quindi di 420 milioni di euro, ma potrebbe scendere a 71 milioni di euro se questi bambini fossero inseriti in famiglie affidatarie.

Chiudere le comunità, con una politica di forte incentivazione dell’affido, rappresenterebbe dunque un risparmio di soldi pubblici.

Il sogno – realizzabile – di Ai.Bi è quello di aprire la porta di una famiglia affidataria o di una casa famiglia a ognuno dei 15.000 minori che oggi vivono in Comunità e di arrivare alla chiusura (con l’eccezione delle strutture altamente specializzate) delle Comunità educative entro il 31 dicembre 2017, perché non sono gestite da figure genitoriali.

Oggi, in Italia, oltre 29.000 minori vivono fuori da una famiglia. Eppure, l’affido sta diminuendo: tra il 2008 e il 2010 quasi 700 famiglie hanno rinunciato ad accogliere un bambino, mentre crescono i ricoveri in Comunità Educativa, la soluzione più semplice ma meno coerente con il diritto sancito dalla legge 149: che il minore cresca – sempre – in un contesto familiare.

La soluzione che Ai.Bi. propone con il suo Manifesto per una nuova Accoglienza Familiare Temporanea va proprio in direzione opposta e punta ad arrivare ad una riforma della legge 149/2001 sull’affido.

Se oggi l’affido familiare è in crisi o forse non è mai decollato, è sicuramente colpa di una cultura negativa, della gestione pubblica che ne viene fatta e dell’eccessiva solitudine delle famiglie, abbandonate a se stesse.

Fra i punti chiave c’è anche il riconoscimento giuridico delle Case Famiglia, gestite da coppie coniugate, che devono essere disciplinate con legge nazionale per sancire la differenza sostanziale tra accoglienza familiare e assistenza in Comunità.

Il Manifesto “Oltre la crisi – La carezza della famiglia”, si inserisce nell’ambito della Campagna Nazionale NON LASCIAMOLI SOLI, che Ai.Bi. ha promosso con l’obiettivo di dare visibilità all’Emergenza Abbandono e promuovere Adozione e Affido come risposta concreta al bisogno di accoglienza dei bambini senza famiglia.