Nel pianto di un operatore siriano, il dramma di un popolo intero

aleppoDal nostro inviato (Luigi Mariani) – Per la prima volta ho sentito un siriano piangere. È successo durante un incontro della comunità umanitaria presente in Turchia, a cui prendevano parte diverse organizzazioni internazionali e locali operative in Siria, tra cui Amici dei Bambini. Si parlava della grave situazione di Aleppo, che nelle prossime settimane rischia di essere tagliata fuori dagli aiuti umanitari; dall’inizio del conflitto, la città è teatro di aspri scontri fra regime e opposizione, per via della sua importanza strategica, sia a livello economico, che militare. A quanto pare, l’avanzamento dell’esercito regolare potrebbe portare, nelle prossime settimane, a un accerchiamento dei ribelli e a una drammatica situazione di assedio, come se ne sono viste già in altre parti del paese.

A questo si aggiunga che la Siria, in questo momento, è colpita da uno dei più gravi periodi di siccità degli ultimi cinquant’anni, e che la comunità di Aleppo potrebbe essere una delle prime a farne le spese. Già a maggio, infatti, la città è rimasta senza acqua per oltre una settimana, a causa di un deliberato blocco dell’acquedotto messo in atto da alcuni gruppi armati.

Si parla di migliaia di persone che, in previsione di questi possibili sviluppi bellici, nelle prossime settimane potrebbero decidere di lasciare la propria casa e andare a rinfoltire la già numerosa popolazione di sfollati interni, in particolar modo nelle zone vicino al confine con la Turchia.

Di fronte a uno scenario come questo, dove gli spettri della crisi idrica e della carestia si fanno sempre più consistenti e persistono le violenze nei confronti dei civili inermi, è facile comprendere la commozione di quell’operatore siriano, che, con tutta probabilità, ad Aleppo avrà ancora una parte della famiglia, degli amici, dei conoscenti.

“Dobbiamo fare qualcosa! – continuava a ripetere – Le Nazioni Unite devono intervenire! La nostra gente continua a morire e non sappiamo come fare per aiutarla!” In quelle parole, scandite con forza e rotte dai singhiozzi, ho riconosciuto per la prima volta uno degli aspetti più drammatici di questa terribile guerra: il senso d’impotenza di tanti siriani che vorrebbero aiutare il proprio popolo, ma non riescono a fare abbastanza per arginare il dilagare di tanta sofferenza. Anche a loro dovremmo unirci idealmente, per diventare una cosa sola, farci strumento di pace e portare aiuto, consolazione e speranza alle famiglie siriane che ne hanno più bisogno.

 

In questo momento, in Siria c’è bisogno di tutto l’aiuto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

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