Nichelino (To). “Con l’adozione la sterilità è diventata fecondità: quella bambina era già nostra figlia”. Così le famiglie Ai.Bi. hanno scoperto la vocazione all’accoglienza

famiglie luceAccogliere non vuol dire solo aggiungere un letto o un posto a tavola. È soprattutto la risposta a una chiamata da parte del Signore che, invitandoci a vivere l’adozione e l’affido come esperienze spirituali e vocazionali, ci permette di avvicinarci a Lui. “L’accoglienza è… la via sicura che conduce fino a Dio” è il titolo dell’incontro svoltosi a Nichelino, in provincia di Torino, il 24 febbraio. Un’iniziativa dell’ufficio per la Pastorale della Famiglia dell’Arcidiocesi della città piemontese, in collaborazione con le associazioni Ai.Bi. Amici dei Bambini, La Pietra Scartata, AdottiAmo, Famiglie per l’Accoglienza e Comunità Papa Giovanni XXIII.

Nel corso dell’evento, ospitato dalla parrocchia Regina Mundi, si sono alternati momenti di riflessione ispirati all’esortazione apostolica di papa Francesco “Amoris Laetitia” ad alcune testimonianze di famiglie che hanno vissuto in prima persona l’esperienza dell’accoglienza.

Tra loro anche Anna e Sebastiano, coppia adottiva di Ai.Bi. che ha spiegato la loro scelta di volare oltreoceano per diventare genitori di un minore con bisogni sanitari di una certa rilevanza. “Semplicemente – hanno detto – perché quello è nostro figlio e perché nel nostro progetto di vita abbiamo scoperto la vocazione, la sterilità biologica è diventata in realtà una vera fecondità fin dalla prima adozione e questo ha reso semplice e straordinario l’abbraccio con la nostra bimba priva di una manina”. Anna e Sebastiano hanno quindi raccontato l’impegno nel loro percorso personale e come famiglia, la difficoltà di affrontare l’intervento chirurgico della loro piccola e la successiva fisioterapia. Ma anche la gioia dei piccoli traguardi raggiunti e la gratitudine per questo progetto che il Padre ha disegnato per la loro famiglia.

Non meno toccanti le altre testimonianze. Come quella dell’adozione nazionale di due fratelli che per 4 anni e mezzo è stata a rischio giuridico. “Le tante difficoltà sono diventate opportunità – hanno raccontato –, l’indeterminatezza della situazione è stata preziosa per la nostra crescita e ci ha fatto comprendere l’urgenza di vivere pienamente ogni giorno la nostra genitorialità. Ci hanno chiesto di essere come Giuseppe e ci siamo innamorati di questo progetto”. L’ultima testimonianza ha visto protagonista l’affido. A descriverlo una coppia che ha vissuto giù diverse esperienze di accoglienza temporanea e che, ogni volta che i Servizi Sociali le proponevano un bambino, ha abbandonato le proprie riserve e paure. “Accogliere è bello anche quando è difficile – ha confessato -, anche quando il distacco imposto dalla temporaneità è duro o quando devi ogni volta ricostruire l’equilibrio famigliare perché ci sono dei figli biologici a cui va spiegato il perché di ogni nuovo ingresso”.

“Al centro di tutte le testimonianze c’è una coppia, due sposi – ha detto don Mario Aversano, parroco di Regina Mundi, nel corso del dibattito che ha concluso l’incontro -, perché l’accoglienza nasce dalle radici che ogni coppia sa costruire. E accanto a loro c’è un gruppo, la parrocchia o l’associazione che li sostiene nelle scelte e li accompagna nel percorso”.