Adozioni internazionali. Tribunale di Lodi: “Non è dovere dell’Ente autorizzato svolgere attività di indagine diretta sul minore”. Richiamata la Convenzione de L’Aja: “L’ente riceve dall’Autorità straniera attestazione delle condizioni di adottabilità”

Una immagine di archivio, datata 30 settembre 2002, mostra alcune toghe di avvocati al Palazzo di Giustizia di Milano. Il Consiglio dei ministri, secondo quanto si apprende da fonti governative, ha dato il via libera al decreto di attuazione della delega sulla revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Il testo è stato approvato all'unanimità ed è confermato quanto previsto in entrata. Il testo, dunque, sempre secondo quanto si apprende, prevede la riduzione e l'accorpamento di 37 tribunali sui 165 esistenti e la soppressione di tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale. Viene prevista inoltre la redistribuzione del personale sul territorio. DANIEL DAL ZENNARO/ARCHIVIO - ANSA

Con sentenza, divenuta ormai definitiva, pubblicata nell’agosto 2016, il Tribunale di Lodi si è pronunciato in merito agli obblighi degli Enti autorizzati per l’adozione internazionale nei confronti delle coppie adottanti. Il caso riguardava una coppia che lamentava un inadempimento dell’ente per avere violato gli obblighi informativi contrattualmente previsti e che sosteneva che l’ente avrebbe dovuto attivarsi nella ricerca di informazioni ulteriori rispetto a quelle fornite dalle autorità del Paese di origine.

Il Tribunale, dopo attenta valutazione dei documenti e delle leggi che regolano la materia delle adozioni internazionali, ha rigettato la domanda della coppia chiarendo tutto quanto segue.

“..occorre premettere – ha scritto il giudice – che, sulla scorta delle previsioni di cui all’art. 31 L. n. 184/1983, gli enti autorizzati alla cura della procedura di adozione sono tenuti, tra l’altro, a raccogliere ‘dall’autorità straniera la proposta di incontro tra gli aspiranti all’adozione ed il minore da adottare, curando che sia accompagnata da tutte le informazioni di carattere sanitario riguardanti il minore, dalle notizie riguardanti la sua famiglia di origine e le sue esperienze di vita’ (co. 3 lett. C)”.

Una volta raccolte dall’Autorità straniera, tali “informazioni e tutte le notizie riguardanti il minore” devono essere trasferite “agli aspiranti genitori adottivi, informandoli della proposta di incontro tra gli aspiranti all’adozione ed il minore da adottare”. 

L’obbligazione in esame non ricomprende tuttavia – prosegue il giudice – la segnalazione di patologie non descritte nella cartella sanitaria del minore e che non vengano comunicate dall’Autorità al momento dell’abbinamento”.

E conclude: “…attività di indagine ulteriore esula dalle previsioni legislative sopra richiamate, che, nel richiamare l’obbligo di cura della completezza della documentazione di carattere sanitario, non attribuiscono alla associazione stessa alcuna facoltà di indagine diretta sul minore, né di valutazione di merito in ordine alla correttezza delle diagnosi mediche formulate, ovvero di attivazione per la ricerca di informazioni ulteriori”.

Sullo specifico aspetto delle informazioni provenienti dalle competenti autorità straniere e sulla responsabilità di queste ultime in ordine alla documentazione fornita è del resto fin troppo chiaro il testo della Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, firmata a L’Aja il 29 maggio 1993.

A norma dell’articolo 31 (comma 3 lettere f) e i) della legge 184/1083), infatti, “L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione riceve dall’autorità straniera attestazione della sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 4 della Convenzione” che prevede che le adozioni “possono aver luogo soltanto se le autorità competenti dello Stato d’origine hanno stabilito che il minore sia adottabile”  escludendo quindi  qualsiasi  dovere in capo all’ente autorizzato circa la verifica della adottabilità del minore proposto per l’abbinamento”.

Come se non bastasse, gli articoli 16 e 17 della Convenzione chiariscono in dettaglio le responsabilità dei Paesi coinvolti e, in particolare, dell’Autorità centrale dello Stato d’origine del minore: è quest’ultima che, “se ritiene che il minore è adottabile… redige una relazione contenente informazioni circa l’identità del minore, la sua adottabilità, il suo ambiente sociale, la sua evoluzione personale -e familiare, l’anamnesi sanitaria del minore stesso e della sua famiglia, non che circa le sue necessità particolari”; “si assicura che i consensi previsti dall’art. 4 sono stati ottenuti” e “trasmette all’Autorità Centrale dello Stato di accoglienza la relazione sul minore

Successivamente, nei paesi in cui le Autorità centrali di accoglienza delegano gli Enti Autorizzati sono questi a ricevere le relazioni avendo unicamente l’obbligo di trasmetterle alle coppie, come visto, e “immediatamente al tribunale per i minorenni e alla Commissione” (art. 31 comma 3 lett. I).