Novità per le adozioni internazionali.Durante il soggiorno all’estero, anche se la mamma non lavora, anziché le ferie, il papà può chiedere il congedo non retribuito

congedo parentalePiù facile la vita per i genitori in generale, e quindi anche quelli adottivi. Ma al momento la novità riguarda solo il 2015. In attesa di trovare i fondi necessari per i prossimi anni. Il Decreto Legislativo 80/2015, entrato in vigore il 25 giugno 2015, migliora le tutele già contenute nel Testo Unico 151 del 2001, relative a congedo di maternità e paternità.

Le principali novità che interessano le famiglie adottive o affidatarie sono contenute negli articoli 4, 5, 6, 7 e 11. Il primo articolo stabilisce che se durante il congedo di maternità obbligatorio, il bimbo adottato viene ricoverato in ospedale, la maternità viene sospesa. La sospensione che può essere applicata una sola volta deve ovviamente essere giustificata.

L’articolo 5 estende il diritto al congedo di paternità al padre lavoratore dipendente, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice (in caso di morte o grave infermità della madre, abbandono da parte della madre e affidamento esclusivo del bambino al padre) anche qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità di maternità di cui all’art. 66 del D.Lgs. 151/2001 e, sempre nei suddetti casi, il padre lavoratore autonomo potrà fruire dell’indennità di cui al citato art.66.

In caso di adozioni internazionali, l’articolo 6 estende al padre il diritto di permanenza all’estero senza retribuzione anche qualora la madre non sia lavoratrice. Prima tale diritto era concesso al padre solo in caso di rinuncia da parte della moglie lavoratrice. Vale a dire che in passato, in caso di famiglie con monoreddito, con la madre casalinga e il padre lavoratore dipendente, quest’ultimo poteva chiedere solo ferie, non congedo parentale, visto che il bambino poteva avere comunque accanto la madre.

L’articolo 7 modifica il congedo parentale facoltativo. Il provvedimento permette di prendere il congedo entro 12 anni dall’ingresso del bambino in Italia (invece che 8 anni) il periodo nel quale il genitore lavoratore può fruire del congedo parentale. Confermata la possibilità di fruizione del congedo parentale su base oraria; il frazionamento dell’orario giornaliero di lavoro, che si sostanzia in un part-time orizzontale, può arrivare, al massimo, al 50% dell’orario medio giornaliero del periodo di paga immediatamente precedente a quello in cui ha avuto inizio il congedo parentale. Il frazionamento non è cumulabile con altri permessi o riposi previsti per i neogenitori.

Ridotto a 5 giorni (dagli attuali 15) il periodo minimo di preavviso per fruire del congedo parentale; per la fruizione su base oraria il termine minimo di preavviso è fissato in 2 giorni. L’estensione massima dell’arco temporale di fruibilità del congedo parentale, nel caso in cui il minore presenti una situazione di handicap grave, passa dagli attuali 8 anni di vita del bambino ai primi 12 anni. Il limite entro il quale il congedo parentale dà diritto a una indennità pari al 30% della retribuzione è elevato ai primi 6 anni di vita del bambino (anziché ai primi 3 anni); in caso di redditività individuale inferiore a 16.300 euro il termine è ulteriormente elevato fino all’ottavo anno di vita del bambino.

L’articolo 11 introduce il diritto a non prestare lavoro notturno (dalle ore 24 alle ore 6) per la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un bambino, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni, per il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa.