È proprio necessario l’obbligo scolastico a partire dai 3 anni?

Una proposta fatta durante la campagna elettorale ha acceso il dibattito sulla bontà o meno di rendere obbligatoria la frequenza alla scuola dell’infanzia a partire dai 3 anni. Ecco cosa dicono esperti e neuro scienziati

Obbligo scolastico a 3 anni. Tra i vari argomenti toccati dalla campagna elettorale, fortunatamente c’è anche quello della scuola e dell’istruzione (anche se non è mail il primo della lista). Va da sé che, proprio perché si è in campagna elettorale, si sentono più slogan che proposte ben argomentate, ma comunque ci sono sempre spunti che permettono, per chi ne ha voglia, di fare qualche ragionamento in più.

Obbligo scolastico a partire da 3 anni

Recentemente, il PD ha proposto di rendere obbligatoria la frequenza alla scuola dell’infanzia: l’asilo, per intenderci. La proposta non ha mancato di suscitare polemiche, che sono perlopiù rimaste, però, in un contesto di “guerra politica” da cui si fa fatica a smarcarsi per provare ad argomentare più seriamente.
A farlo ci ha provato Famiglia Cristiana, che in un articolo ha sottolineato i punti a favore di un’istruzione obbligatoria a partire dai 3 anni, come già succede in Paesi come la Francia e l’Ungheria, o dai 4 / 5, come funziona in una decina di altre nazioni.
La prima constatazione è che, dopo i 3 anni, i bambini hanno il diritto e il bisogno di socializzare. Questo è ancor più vero per le generazioni più recenti, nate in tempo di lockdown e che, per forza di cose, hanno visto ridursi, e non di poco, le possibilità di stare con gli altri. L’asilo offre questa opportunità, insieme a quella di potersi relazionare anche con altri adulti che hanno competenze educative.
Fondamentale sono anche le attività che vengono svolto durante le ore di scuola dell’infanzia: si tratta di proposte che coinvolgono il bambino, che lo stimolano, che gli insegnano a interagire. Aspetti sempre più rari in un contesto che vede prevalere, anche in famiglia, l’utilizzo di tablet e altri device cui tante volte i genitori delegano il ruolo di “compagno di giochi”.

Con la scuola, anche la famiglia entra a far parte della comunità educante

Famigli Cristiana sottolinea, poi, l’importanza cruciale che hanno le relazioni e le esperienze vissute in età prescolare. Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva che firma l’articolo, cita un recente studio di neuroscienziati pubblicato sulla rivista Jama che ha confrontato la materia bianca del cervello di bambini coinvolti quotidianamente in attività di lettura condivisa, con quella di bambini che non hanno avuto questa opportunità e hanno passato almeno due ore al giorno davanti a uno schermo. “Inutile dire – scrive – che il cervello dei primi presentava una struttura e un’organizzazione molto più regolare e più funzionale all’apprendimento (soprattutto delle competenze necessarie alle funzioni di letto-scrittura) dei secondi”.
Sono queste le ragioni fondamentali che portano l’autore a dire come la frequenza obbligatoria della scuola a partire dai 3 anni potrebbe essere una risorsa “necessaria per una generazione di bambini che in età prescolare si trova a vivere con sempre minor possibilità di contatto e relazione con bambini di pari età e a fianco di adulti sempre più impegnati”.
Ma la riflessione si conclude con uno spunto ulteriore molto interessante: la scuola del figlio a partire dai 3 anni potrebbe essere anche un’opportunità per tutta la famiglia di entrare in relazione con altri nuclei che condividono le stesse esperienze e, spesso, affrontano gli stessi bisogni e difficoltà. Un modo, insomma, per uscire dall’isolamento e partecipare a quella “comunità educante che senza la spinta incentivante fornita dalla frequenza scolastica non riesce a rendersi realtà concreta e partecipativa per tantissimi genitori”.