Palermo: il Tribunale dei minorenni affida un 16enne a una coppia gay

famiglia omosessuale 200Da strumento di sostegno per minori in difficoltà a terreno di conquista della lobby gay in nome dei cosiddetti ‘diritti civili’ delle coppie omosessuali. L’affido nel nostro Paese corre da tempo questo rischio, e quel che è peggio è che decisioni simili impattano le vite di bambini e ragazzi già fragili.

A novembre il caso della bambina di tre anni affidata dal Tribunale di Bologna a una coppia omosessuale di cinquantenni, amici della famiglia d’origine. Adesso si scopre che sulla stessa linea d’azione si muove anche il Tribunale dei minorenni di Palermo, che ha affidato un ragazzo di sedici anni a una coppia di omosessuali quarantenni maschi.

Il ragazzo ha alle spalle anni una famiglia non in grado di garantirgli una crescita serena e adeguata. Dopo anni passati in comunità educative, di recente il Centro Affidi del Comune di Palermo ha spinto per collocarlo in ‘famiglia’. Salvo poi etichettare come famiglia, legami interpersonali che di famiglia non hanno nulla.

A prendersi cura del ragazzo saranno due uomini, uno scrittore, l’altro impegnato nel settore turistico. Brave persone, assicurano i bene informati. Ma il punto è che per un 16enne così provato, in un momento delicato di crescita, confusione e ricerca della propria identità (com’è naturale che sia l’adolescenza), un minore ha più che mai bisogno di punti di riferimento stabili. E possibilmente di trovare una famiglia con ruoli ben precisi nella quale diventare adulto.

Commenta Cristina Riccardi, membro del direttivo di Ai.Bi. con delega all’affido familiare temporaneo: “Possibile che in tutta la città di Palermo e provincia non ci fosse una famiglia disposta ad accogliere questo ragazzo? La legge italiana consente l’affido sia a famiglie sia a single, ma ormai assistiamo sempre più frequentemente a casi in cui la norma viene piegata all’ideologia del ‘genere’ che diventa criterio unico anche per scelte che dovrebbero tenere unicamente conto del benessere del minore”. E aggiunge: “Inevitabile che sorga il dubbio che si tratti di una scelta fatta per il bene del ragazzo, e non piuttosto del solito ‘segnale ideologico’ che in questo caso passa sulla pelle di un minore”.