Parto anonimo: quella bimba salvata da Claudia

La coppia che ha adottato la neonata, lasciata in ospedale: “Chi l’ha messa al mondo ci ha resi felici”

«Quando ho tenuto in braccio per la prima volta la mia bambina, è stato il momento più bello della mia vita. Immediatamente non ho più pensato che non ero la sua mamma biologica». Sono passati cinque anni da allora, eppure Claudia ne parla con commozione. Per lei quella bimba “lasciata” in ospedale dalla sua mamma naturale è stata un dono inaspettato.

Come tante coppie, insieme al marito avevano fatto richiesta di adozione. Un’attesa di un anno e mezzo e arriva la chiamata. Quando si tratta di parti anonimi, il neonato per prassi deve rimanere dieci giorni in ospedale, nel caso in cui la mamma ci ripensi e voglia riconoscerlo. Dopodiché si contattano i servizi sociali e il Tribunale. Ed ecco che Claudia e il marito corrono in ospedale per quella bimba che ha bisogno di una mamma e di un papà.

Altri sei mesi per il cosiddetto ‘rischio giuridico’, e «si diventa a tutti gli effetti genitori», spiega Claudia, che aggiunge: «Non so niente del perché la mamma della mia bimba abbia fatto questa scelta. Ma nessuno può giudicare. Ho profondo rispetto per lei. Non sarei diventata mamma a mia volta se non fosse stato per questa sua scelta di portare avanti la gravidanza». E dare la possibilità alla bimba appena nata di essere accolta dalle braccia di un’altra mamma.

(Avvenire, Graziella Melina, 17 luglio 2012)