Parto in anonimato e adozione: la madre può cambiare idea anche dopo i 60 giorni

giudice

Con la sentenza n. 2802 del 7 febbraio 2014, la Corte di Cassazione ha riconosciuto ad una madre che aveva partorito in anonimato e deciso di non conoscere il neonato, il diritto di cambiare idea oltre i 60 giorni previsti dalla legge come limite massimo per ritrattare la scelta (“Il Sole24 Ore”, 10 febbraio 2014).

La particolarità del parto in anonimato è che si tratta di una importantissima misura, forse non abbastanza conosciuta, di prevenzione dell’aborto.

Le donne possono infatti scegliere di portare avanti la gravidanza e partorire in ospedale senza essere nominate nell’atto di nascita. La legge 184/1983 art. 11 prevede inoltre una speciale procedura abbreviata che consente la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore “immediatamente” da parte del tribunale per i minorenni, senza eseguire ulteriori accertamenti. Infatti, a differenza che nelle procedure di adozione ordinaria, l’adottabilità del neonato non riconosciuto non si fonda sull’accertamento dell’abbandono (art. 8), ma proprio sul fatto che il minore non sia stato fino a quel momento riconosciuto dai suoi genitori (art. 11).

è data tuttavia ai genitori naturali la possibilità di richiedere al tribunale la sospensione della procedura per il tempo di riconoscere tardivamente il bambino ma questa sospensione può essere disposta secondo la legge per il “periodo massimo di due mesi”.

Ebbene, proprio su questo aspetto la Corte di Cassazione, annullando la precedente decisione della Corte d’Appello, ha dichiarato che la richiesta della madre, che nel frattempo si era pentita dell’abbandono alla nascita, di sospendere il procedimento e consentirle di riconoscere il figlio naturale, poteva essere accolta nonostante presentata in ritardo di 13 giorni (73 giorni in totale).

Questa decisione, secondo i giudici, si spiega perché il diritto di essere genitori in Italia non è un diritto disponibile né rinunciabile perché solo il Tribunale per i minorenni può sottrarre ai genitori la responsabilità giuridica sui figli. Quindi finché il Tribunale non ha ancora dichiarato l’adottabilità né l’affidamento preadottivo del neonato i genitori naturali possono cambiare idea e decidere di riconoscere il bambino inizialmente abbandonato.

Questa sentenza fa riflettere sotto due aspetti.

Da una parte, per la funzione del parto in anonimato come mezzo per contrastare gli aborti, incoraggia sapere che la decisione dell’abbandono alla nascita, fatta dalla donna in un momento delicato, può essere ritrattata anche in tempi più lunghi e non viene a priori valutata dai giudici come dimostrazione di un effettivo abbandono.

D’altra parte, emerge una realtà italiana che, ancora una volta, manifesta grosse lacune in termini di rispetto delle procedure. Se infatti l’art. 11 della legge 184/1983 stabilisce che il minore non riconosciuto alla nascita deve essere dichiarato adottabile “immediatamente”, come mai dopo due settimane dalla conclusione dei 60 giorni di legge i giudici non avevano ancora dichiarato l’adottabilità di quel minore? Non sono forse fondamentali per il neonato due settimane di vita in una famiglia stabile anziché in affidamento temporaneo?

Questi i soliti misteri dei tribunali per i minorenni italiani.