Rapporti CAI ed Enti autorizzati: un sistema che non c’è più

Pubblichiamo un editoriale del direttore di “Ai.Bi. News” Marco Griffini intervenuto nel dibattito che si è creato in merito ai rapporti tra Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) ed Enti Autorizzati e alla conseguente lettera del Presidente della CAI Carlo Giovanardi.

“Qualche tempo fa, a seguito di alcuni interventi di vari responsabili di Enti Autorizzati, all’indomani del convegno celebrativo del CIFA, si era acceso un interessante dibattito sui rapporti fra Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) ed Enti Autorizzati: le riflessioni degli Enti Autorizzati avevano come filo conduttore il tentativo di ripristinare quel sistema che, negli anni, si era cercato faticosamente di costruire con la CAI.

Quando abbiamo ratificato la Convenzione de L’Aja con la legge 476/98, gli Enti “storici”, in particolare Ai.Bi. e CIAI, erano in prima fila: è stata una vera e propria lotta al “fai da te”. Chi si ricorda la raccolta di firme nelle piazze, il picchettaggio davanti al Senato, le denunce alle nostre famiglie per manifestazioni non autorizzate?

Con tale “vittoria” il legislatore italiano, ha voluto tracciare un “sistema di Adozione Internazionale.” imperniato assolutamente sulla collaborazione, sul confronto, sulla messa in gioco dell’esperienza…

In sostanza l’Adozione Internazionale si sarebbe dovuta appoggiare – per usare una metafora – su un tavolo a quattro gambe: cioè i Tribunali dei Minorenni, i servizi sociali, la CAI e gli Enti Autorizzati.

Ci ricordiamo tutti la passione e l’entusiasmo con i quali abbiamo partecipato alle famose giornate di Montecatini: mesi di lavoro e di “investimenti “ per tentare di creare un vero e proprio sistema dell’adozione internazionale!

Quattro realtà che dovevano collaborare, ciascuno offrendo il meglio di sé, per tentare di dare una famiglia, la migliore possibile, ai bambini abbandonati del mondo!!!

Sappiamo poi come sono andate “le cose”: i Tribunali dei Minorenni, a parte qualche lodevole eccezione, si sono arroccati nelle proprie competenze e convinzioni; la recente sentenza della Corte di Cassazione ne è un’autorevole “cartina di tornasole”.

Il rapporto con i servizi si è bloccato sulla strada dei famosi “POC”, i protocolli operativi coordinati: ad oggi solo cinque Regioni del Centro Nord li hanno sottoscritti e firmati!

Insomma a tirare la “carretta” erano rimaste le altre due gambe: la CAI e gli Enti Autorizzati!

E così, rimboccate le maniche, si era faticosamente cercato di creare un sistema di collaborazione, per tentare di “vedere” più in là dei problemi contingenti, impostare una strategia che, da un lato, contemplasse l’adozione internazionale inserita in un contesto di vera cooperazione con i Paesi di origine, dall’altro definisse un modello di Ente Autorizzato capace di garantire un servizio sempre più efficiente, di qualità e trasparente.

Da Montecatini a Casal del Marmo il passo è stato breve: altre giornate e mesi di lavoro, nascevano i coordinamenti degli Enti Autorizzati, i tavoli strategici, le intese istituzionali (che intuizione formidabile Dott.ssa Vinci!) i progetti di cooperazione, il Sostegno a Distanza, le linee guida….

Quanta passione, forse anche troppa! E quanta voglia di migliorare, di fare sempre di più, si respirava a pieni polmoni, in quel periodo e così, senza nemmeno accorgersi, nasceva un “sistema”.

Certo con le sue complessità, a volte contraddizioni, ma comunque un sistema: grazie all’esperienza, la competenza e l’attività degli Enti più rappresentativi, e soprattutto disponibili, si erano gettate le fondamenta per costruire veramente qualcosa di importante e significativo.

Si stava creando un vero e proprio modello di gestione di un servizio pubblico da parte del privato sociale: l’approvazione dei nuovi criteri di autorizzazione degli Enti Autorizzati avrebbe permesso, se fosse passata la proposta già approvata, ma poi radicalmente modificata in sede di revisione finale, la graduale trasformazione dell’attuale giungla degli Enti Autorizzati in un sistema di Enti strutturati, organizzati, ben radicati nelle realtà locali, realmente presenti nei Paesi di origine.

Con la mancata approvazione di quei criteri, purtroppo si interruppe un “processo virtuoso”, ma immersi nella frenetica attività nessuno se ne accorse fino…alla lettera del 13 maggio 2010 del Sen. Giovanardi ai presidenti degli Enti Autorizzati!

Si può dire tutto su Giovanardi ma non che non sia chiaro; nessun linguaggio “politichese” o diplomatico.

Il presidente della CAI afferma, senza mezzi termini, che nei rapporti fra CAI e Enti Autorizzati c’è una crisi di rappresentatività: la maggioranza degli Enti Autorizzati non fa parte di alcun coordinamento (e questo dovrebbe preoccuparLa Sen. Giovanardi) e pertanto è inutile convocare i tavoli (strategici, costi, ecc).

E’ sufficiente incontrarsi due volte all’anno in assemblea generale e lì, insieme, decidere in quanto “tutti gli Enti potranno partecipare direttamente e contribuire con le loro idee allo sviluppo del sistema italiano!”

Addio Montecatini, addio Casal del Marmo, addio seminari metodologici: due volte all’anno, tutti potranno parlare 5 minuti a testa e la rappresentanza è salva!

Certo, comunque un sistema si creerà: c’è però una fondamentale differenza fra un processo evolutivo, “governato e coordinato” fin dalla sua nascita com’era nelle ambizioni del legislatore e uno lasciato libero di crescere, così come viene.

In effetti il sistema dell’adozione internazionale si sta evolvendo: si sono create le prime fusioni, stanno scomparendo alcuni Enti (anche grossi), si parla sempre più di Enti come impresa sociale e sempre meno di movimenti familiari, ma soprattutto ciascuno va per la sua strada.

Ma perché preoccuparsi? Come ogni sistema, anche questo raggiungerà, prima o poi, il suo equilibrio: da una parte avremo le cosiddette “agenzie per le adozioni internazionali” poco non profit e tanto ispirazione al modello di ente nord-americano, indifferenti, se non addirittura insofferenti a logiche di cooperazione e sussidiarietà; dall’altra, le care e vecchie ”associazioni di genitori adottivi” l’origine dell’adozione internazionale e del “primitivo” modello di Ente Autorizzato proiettate ad ampliare con sempre maggior impegno le attività di cooperazione internazionale allo sviluppo; preoccupate, se non addirittura nauseate, da un certo modo di “fare adozione internazionale”.

Ma sia le une che le altre avranno in comune una particolarità: impareranno a fare a meno del ruolo di guida e di indirizzo strategico rappresentato dalla CAI e la vivranno come premuroso “pompiere” da utilizzare in caso di urgente necessità.

Come sarà in definitiva il sistema Italia?

Il Sen. Giovanardi sembra aver risposto a tale domanda:

“Ciascuno segua la sua strada”.