Scuola. Aumentano i ricorsi al Tar contro le bocciature dei figli. Ma solo il 10% ha successo

Aumentano le contestazioni dei genitori sulle valutazioni negative dei professori nei confronti dei figli. Ma solo un ricorso su 10 ha successo. E ora il governo vuole rafforzare l’autorevolezza degli insegnanti

Bocciare uno studente è una decisione che non si prende alla leggera, ma che spetta agli insegnanti in base ai criteri stabiliti dalla legge e dal regolamento scolastico.
Tuttavia, sempre più spesso, i genitori non accettano il giudizio negativo e ricorrono al Tar, il tribunale amministrativo regionale, per cercare di ribaltare la bocciatura.
Ma quanto sono efficaci questi ricorsi? E quali sono le conseguenze per gli studenti e per il sistema scolastico?
Secondo i dati, in media solo 1 ricorso su 10 viene accolto dal Tar.
Molte cause riguardano gli studenti con dsa, i disturbi specifici dell’apprendimento, che hanno diritto a delle misure compensative e dispensative.
Nei giorni scorsi, alcuni casi scolastici finiti al Tar hanno fatto molto discutere.
A Tivoli, una studentessa delle medie è stata promossa con sei insufficienze perché la regola “deve essere la promozione” e la priorità l’impegno e non il solo risultato.
Nel Veneziano, un ragazzo di 19 anni che era stato bocciato alla maturità con un punteggio di 54/100 è stato poi promosso dopo una sentenza del Tar a più di un anno di distanza. Si tratta di sentenze che mettono in discussione quanto deciso dagli insegnanti e che possono avere effetti negativi sul clima scolastico e sull’autostima degli studenti.

Una riforma scolastica

Per questo, sul tavolo del governo ora c’è una riforma che nasce con l’intenzione annunciata di restituire autorevolezza agli insegnanti e provare a porre un freno all’aumento dei ricorsi che hanno l’obiettivo di ribaltare le decisioni stabilite dai Consigli di classe. La riforma prevede anche di rendere più trasparenti e uniformi i criteri di valutazione e di coinvolgere maggiormente le famiglie nel percorso formativo dei figli.

La reazione dei presidi

In un articolo apparso su “Open”, Amanda Ferrario, dirigente dell’Istituto Tosi di Busto Arsizio (Varese), racconta che: “Quando ero preside a Milano avevamo bocciato uno studente che aveva diverse insufficienze, una anche in educazione fisica. I genitori vennero a scuola e mi minacciarono, poi fecero ricorso al Tar che diede ragione alla scuola spiegando che non ci sono materie secondarie”, racconta.
Ferrario ritiene che questo tipo di ricorsi possano essere diseducativi: “I genitori così rischiano di fare male ai propri figli che non si abituano agli ostacoli e alle difficoltà. Inoltre, i genitori che arrivano al Tar di solito hanno ignorato i segnali che ci sono stati durante l’anno”.
Michele Monopoli, preside del liceo Carducci di Milano, concorda: “Errori formali nei verbali degli scrutini ci possono essere, ma le scuole devono fare uno sforzo maggiore per connettersi con gli studenti, dare risposte al disagio giovanile. A volte invece prevale una visione conservatrice della valutazione che rischia di essere poco utile e di spingere verso l’eccesso opposto di chi vuole scuole senza voti. Bisogna fare molta attenzione”