Se mangiamo bene lo dobbiamo a 320mila immigrati

lavoratoriSenza il contributo dei lavoratori stranieri, il settore agricolo made in Italy non sarebbe  tanto fertile. Ben il 25% del numero di ore impiegate in Italia nell’agricoltura è infatti frutto del lavoro di 320mila immigrati, provenienti da 168 paesi e impegnati in maniera continuativa nelle campagne del Belpaese.

A rivelarlo è un rapporto della Coldiretti – presentato in concomitanza con il XXIII Rapporto Immigrazione 2013 di Caritas Migrante –  nel quale viene sottolineato come i distretti produttivi di eccellenza italiana  possano sopravvivere solo grazie al lavoro degli stranieri, diventati nel corso degli ultimi decenni un elemento indispensabile per garantire il primato dei “nostri” prodotti  alimentari in tutto il mondo.

Alcuni esempi concreti? Si pensi alla mungitura delle mucche per il parmigiano, alla raccolta delle uve del Piemonte, del pomodoro del sud, o ancora, delle mele della Val di Non. Senza l’apporto “straniero” tali mansioni non garantirebbero lo stesso livello di produttività.

Ed ora alcuni elementi sul profilo dei lavoratori: hanno un’età media di 35 anni e per il 72% sono di sesso maschile; oltre che dall’India e dal Marocco provengono soprattutto dall’est Europa (Romania 117.240, India 27.789, Marocco 26.220, Albania 24.624, Polonia 20.423, Bulgaria 15.100, Tunisia 12.445, Slovacchia 9.893, Macedonia 9.235, Senegal 5.738, Moldavia 5.478, Ucraina 4.722) ed hanno contribuito con un numero complessivo di giornate di occupazione di 25.598.449 nel 2012 (come detto, pari al 25% del totale).

A chi considera semplicisticamente il fenomeno dell’immigrazione come un danno per l’Italia, questi dati ufficiali parlano da soli.

 

Fonte: Agronotizie