Siria, perché oggi è un buon giorno per sperare

Bambini campo SiriaOggi è un buon giorno per sperare: a Ginevra, l’inviato speciale dell’ONU per la Siria, l’italo-svedese Staffan de Mistura, comincerà a tenere delle consultazioni con tutte le parti coinvolte nel conflitto, in previsione di riavviare i negoziati di pace. Trattative che hanno avuto già luogo, in passato, e che finora si sono sempre rivelate fallimentari: sono troppi – si sa – gli interessi in gioco, e troppo complessi. Ma ora gli equilibri del conflitto si stanno spostando e questo, dicono gli analisti, potrebbe portare a sviluppi inaspettati.

Non m’interessa la geopolitica, né mi riguarda. Mi attrae di più il cuore umano, con la sua capacità sempre antica e sempre nuova di fare il bene e il male, di perseguire la giustizia e fare il suo contrario, di sorprendere e deludere.

Oggi, però, dobbiamo sperare per il meglio; in un certo senso, siamo obbligati a farlo. Perché in Siria abbiamo raggiunto l’apice della sofferenza e toccato il fondo dell’umano. Lo dico all’indomani dell’ennesimo attacco, assurdo e indiscriminato, contro civili innocenti, che ha preso di mira una scuola di Aleppo: cinque studenti sono morti, insieme ai loro insegnanti. Stavano giocando nel cortile, quando un barile bomba si è abbattuto sull’edificio e tutto, intorno a loro, è crollato.

Sì, perché tutto continua a crollare, in Siria, da quattro anni a questa parte. Pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno, nell’indifferenza del mondo. Tutto, tranne la speranza che le cose possano cambiare, in un modo o nell’altro. Che si tratti di individuare una soluzione definitiva al conflitto o anche solo una tregua che permetta di alleviare – per quanto possibile – le sofferenze della popolazione civile.

È possibile sprofondare più in basso dell’inferno? Perché è questo che la Siria è diventata, negli ultimi anni: un girone di anime tormentate e condannate a scontare pene atroci, senza aver fatto nulla per meritarlo. Milioni di persone innocenti, infatti, subiscono ogni giorno un castigo che non ha nulla di divino.

Ecco perché oggi, forse, è un buon giorno per sperare che i siriani riescano a risalire l’abisso, per uscire “a riveder le stelle”. A noi, intanto, non resta che pregare e continuare a fare quanto possiamo per assicurare aiuto e solidarietà alla popolazione bisognosa; ciascuno per quel che può, come può. Goccia dopo goccia, in questo oceano di sofferenza.

 

Luigi Mariani
Country coordinator di Ai.Bi. in Siria

 

Ai.Bi. ha lanciato la prima campagna di Sostegno a Distanza per aiutare le famiglie siriane a restare nel proprio paese e continuare a crescere i propri figli in condizioni dignitose, nonostante la grave crisi. Cibo, salute, scuola, casa, gioco: queste le cinque aree d’intervento. Per avere maggiori informazioni sull’iniziativa e per dare il tuo contributo, visita il sito dedicato.