Superare l’abbandono: “Mamma ti ho perdonata”

Questo è il racconto intimo scritto su un blog da una figlia adottiva, nata in Cina e adottata da genitori statunitensi. Un viaggio interiore travagliato ma con un lieto fine che rappresenta una ricetta di salvezza interiore.

Fui abbandonata quando avevo un solo mese di vita. Trascorsi quindi 5 mesi in un orfanotrofio del quale mi viene riferito che più bambini condividevano lo stesso lettino, che il cibo scarseggiava così come pure il personale e a causa della mancanza di vestiti ci tenevano avvolti nelle lenzuola.

I miei genitori raccontano che la prima volta che mi regalarono un sonaglietto scoppiai a piangere spaventata, non avevo mai visto prima un giocattolo. Ovviamente non ho ricordi di quel periodo ma ogni volta che mi sono state riferite queste cose ho provato rabbia e senso di confusione.

Per farmi stare meglio i miei genitori mi hanno spesso rassicurata dicendo che certamente mia madre, quella biologica, mi ha molto amato, tanto da abbandonarmi in un luogo pubblico, una stazione, nella quale sarebbe stato impossibile non trovarmi. Mia madre voleva che fossi trovata e con dolore si è separata da nella speranza che qualcuno potesse offrirmi una vita migliore.

Mi rattrista non sapere nulla di mia madre, neanche le cose più banali come il suo nome o la sua età. Non so se capirete quanto vorrei sapere quelle cose basilari che sono scontate per qualsiasi figlio. Per anni pensarci mi ha gettato in uno stato di forte agitazione interiore inducendomi ad incolpare me stessa dell’abbandono che ho subito. Forse ho fatto qualcosa di male ma non lo saprò mai. Se mai avrò un bambino non potrò mai separarmi da lui e ogni giorno vorrò ricordargli quanto è importante per me e rassicurarlo circa il fatto che non lo lascerò mai.

La sensazione di inadeguatezza non mi ha mai più lasciata, sono molto critica con me stessa e temo che le persone che amo possano decidere di uscire dalla mia vita. Ricordo ancora i tempi dell’asilo. Ogni giorno piangevo per paura che i miei genitori, giunta la sera, non sarebbero tornati a prendermi. Ogni loro piccolo ritardo mi metteva in profonda ansia. Ogni singolo giorno piangevo disperata in preda al pensiero che la mamma potesse dimenticarsi di venirmi a prendere, come già avvenuto, anni prima, in quella stazione. I miei compagni non capivano, mi sentivo diversa da tutti, ogni mattina affrontavo la giornata con paura e anche l’aiuto di uno psicologo non condusse a grandi progressi. Solo quando, un anno più tardi, la mia sorella maggiore iniziò a frequentare la stessa scuola mi sentii meglio, finalmente non ero più sola.

Crescendo la situazione migliorò, anno dopo anno, grazie ai miei genitori.

Ora sono adulta e finalmente pensare alla mia adozione non mi turba più. Certo, ancora mi capita di desiderare di sapere qualcosa della mia vera madre, ma non spesso come prima. I miei “genitori adottivi” sono i miei “genitori e basta” e la mia famiglia quella americana. Non provo più rabbia pensando a colei che mi ha dato la vita, mi sento più grata e felice che triste. Ora rendo onore alla sua scelta che mi ha regalato una famiglia a amorevole e un luogo sicuro dove vivere.

L’ho perdonata e, con la maturità ho capito che non deve essere stato facile per lei. Questo mi ha aiutato a lasciare andare quei pensieri che mi ossessionavano mentre mi tenevo stretta al mio abbandono per non lasciare andare l’idea di mia mia madre.

Perdonare è stato il modo per lasciar andare via tutto il male, tenendo per me solo la dolcezza del gesto che mia madre ha compiuto per darmi un futuro migliore.

Per questo ho perdonato.