Tribunale Roma: la vita del feto vale come quella del figlio

Dal Tribunale civile di Roma arriva una pronuncia senza precedenti, che per la prima volta equipara completamente il danno per la morte di un nascituro a quello per la perdita di un figlio nato.

Con una sentenza dello scorso luglio, il Tribunale di Roma “ha condannato l’Ospedale Villa San Pietro a risarcire una donna giunta alla trentunesima settimana di gravidanza, che è stata assistita con grave ritardo dopo il ricovero. A causa di tale negligenza, il suo quadro clinico era rapidamente degenerato tanto da provocare la morte del feto. Ne dà notizia oggi il quotidiano “Avvenire”.

Si tratta di una sentenza “esemplare”, come viene definita dall’Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo, che potrebbe avere notevoli conseguenze anche in ambito bio-medico. Equiparare il valore giuridico del feto a quello di una persona già nata, rappresenta infatti un importante riconoscimento della vita nascente.

In passato una sentenza della Corte Costituzionale del 1975 (n.27) aveva osservato che tra i diritti inviolabili della persona umana “non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito”. Ciò è confermata dal fatto che la stessa legge 194/1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza pone quale suo principio fondamentale la tutela della vita umana “dal suo inizio”, riconoscendo così rilevanza giuridica anche alla vita prenatale.