Un’analisi economica dell’affido: uscire dalle logiche sorpassate del welfare state

Nel corso del convegno “Il collasso economico del Sistema di Accoglienza: Affido contro Comunità. Ipotesi di lavoro e di gestione” che si è tenuto oggi 20 Dicembre a Milano, Ai.Bi. ha presentato i risultati di un’analisi economica delle attuali politiche dell’affido.

Ne emerge l’esigenza di un profondo cambiamento perché la gestione dell’affido possa essere adeguata ai cambiamenti strutturali di lungo periodo che la nostra società sta vivendo e che vanno oltre la pur pesante crisi economica e finanziaria in corso da qualche anno.

In primo luogo, la spesa pubblica va rivista e razionalizzata. Certo, gli obblighi di bilancio lasciano sempre meno margini di manovra in questo ambito, ma, prima ancora di questo, si spende male. Se ad esempio i minori fuori famiglia fossero tutti collocati presso famiglie affidatarie e non in comunità, come è per il 50% dei casi, si otterrebbero 350 milioni di euro l’anno.

In pratica un altro 5×1000, riutilizzabile in tutto o in parte per interventi innovativi in questo ambito.

Oltre alla spesa, il ruolo della pubblica amministrazione nell’affido è ancora legato all’idea novecentesca di welfare state che si può occupare in maniera adeguata di ogni questione, mentre da ormai trent’anni è presente negli studi economici il concetto di fallimento dello stato, ovvero di incapacità di quest’ultimo di gestire in maniera ottimale ogni ambito della vita sociale.

E’ dunque ormai indifferibile il riconoscimento chiaro del ruolo del non profit e della società civile. In una logica di sussidiarietà, che ormai tutti gli studi ritengono essenziale al benessere sociale, la pubblica amministrazione deve sempre più esercitare la tutela dei beni e servizi di pubblico interesse, tra i quali ovviamente è l’affido, lasciandone al privato sociale la gestione quotidiana.

Anche l’economia civile, una giovane branca degli studi economici, conferma queste conclusioni.

L’economia civile parte infatti dalla ricerca dell’elemento che davvero può distinguere il profit dal non profit, escludendo che questo possa essere semplicemente il vincolo di non distribuzione degli utili, troppo debole e già più volte violato nell’esperienza. L’elemento ricercato è invece individuato nella produzione prevalente da parte delle organizzazioni realmente non profit di beni cosiddetti relazionali, beni cioè che hanno un valore sociale in termini di costruzione di relazioni e, attraverso queste, di virtù comunitarie come la fiducia e l’apertura agli altri. Tali beni non possono ovviamente essere valutati attraverso meccanismi di mercato e sono quindi fino ad ora sfuggiti all’analisi economica condotta con metodi tradizionali; parimenti, però, si vanno sempre più affermando come l’elemento non ancora identificato che distingue le costruzioni sociali che perdurano nel tempo da quelle che invece declinano.

E’ evidente che le famiglie affidatarie, ovviamente indispensabili nell’affido, sono naturali portatrici di queste benefiche virtù comunitarie e necessitano a loro volta di appoggio e sostegno per continuare il loro impegno. Le organizzazioni non profit, proprio in quanto produttrici naturali di beni relazionali, possono affiancare le famiglie più adeguatamente di quanto possa fare la pubblica amministrazione, al di là dell’abnegazione dei singoli operatori, e presumibilmente aumentarne significativamente il numero.

L’analisi economica indica insomma tre linee guida per una possibile riforma delle politiche dell’affido: revisione e razionalizzazione della spesa pubblica, completa attuazione della sussidiarietà attraverso il chiaro coinvolgimento del privato sociale, attenzione alla dimensione, in ogni politica sociale e quindi anche nell’affido, della nuova categoria dei beni relazionali.

In questo modo, potremo avere politiche in grado di non giocare affannosamente in difesa come ormai fanno quelle attuali, ma, al contrario, di contribuire ad aumentare il benessere complessivo della società attraverso una reale accoglienza familiare dei minori fuori famiglia.