Un altro infanticidio a Salerno. Griffini (Ai.Bi.): “Quel bebè morto in valigia chiama in causa tutti noi”

“Terzo fatto in un mese. Investire subito su culle per la vita e per comunicare la possibilità del parto in anonimato”

Non si ferma, in questo inizio di autunno, la terribile e triste scia degli infanticidi della disperazione. L’ultimo caso, il terzo in un mese, è avvenuto a Vallo della Lucania, località del Salernitano. Qui il cadavere di un bambino appena nato è stato ritrovato dai carabinieri in un’abitazione privata. La madre del piccolo, originaria della Moldavia che lavora in Italia come badante, lo avrebbe messo al mondo in casa, dove lo avrebbe abbandonato chiudendolo in una valigia dopo aver tagliato il cordone ombelicale.

Subito dopo la donna, forse in uno stato di panico, ha avvisato i soccorsi. Ma purtroppo non c’è stato nulla da fare. I medici hanno subito capito che il problema era determinato da un parto e hanno prontamente avvisato i carabinieri, che, accorsi nel luogo indicato non hanno potuto che constatare il decesso del piccolo. Il cui corpicino è stato rinvenuto nella stessa valigia in cui era stato lasciato. La madre è ora ricoverata in condizioni non gravi all’ospedale San Luca.

“Quel bebè morto in valigia – commenta il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini chiama in causa tutti noi. Che cosa dobbiamo fare? Innanzitutto bisogna investire il prima possibile sulle culle per la vita e su una comunicazione efficace e multilingue dell’esistenza di una legge che consente il parto in anonimato. In Italia ogni anno circa 400 neonati vengono salvati perché lasciati negli ospedali o proprio nelle culle per la vita, senza le quali finirebbero probabilmente in qualche cassonetto”.

“Senza volerle sollevare dalle loro gravi responsabilità – prosegue il presidente Griffini – bisogna però dire che queste madri, queste donne, sono vittime della disperante solitudine in cui vengono lasciate da una società capace soltanto di guardare di fronte a sé, ignorando l’altro. Queste persone, che molto spesso non capiscono la nostra lingua e faticano ad accedere alle informazioni, soprattutto in un momento di panico, gridano aiuto”.