Utero in affitto. “Non mi assomiglia. Non lo voglio”. Coppia abbandona figlio commissionato a madre surrogata

utero in affitto

Mater semper certa est, pater numquam”. La saggezza dei latini non aveva fatto i conti con l’inseminazione in vitrol’utero in affitto, la maternità surrogata e il commercio dei gameti.

Pratiche che, al giorno d’oggi, possono riservare sorprese a chi programma e “prenota”  un figlio come merce di un catalogo. Ne sa qualcosa una coppia che (come racconta Universomamme.it nell’articolo “Una coppia ha rifiutato il figlio dopo averlo visto per la prima volta“) non solo, decidendo di stravolgere ogni legge naturale delle cose e della natura, ricorre alla surrogazione ma dopo, non contenti del “risultato” finale (come se fosse un maglione difettoso) pensa bene di rifiutare il bambino. Abbandonandolo. Così, subito. Senza battere ciglio. Perché non è quello che si aspettavano. E poco importa che ci vada di mezzo un piccolo essere indifeso. Qualcun altro (chi?) si prenderà cura di lui.

Una vicenda abominevole, un macabro gioco in cui, soddisfacendo puri capricci personali ed egoistici, si mette al mondo un bambino per renderlo orfano di madre e padre.

Ma andiamo con ordine. Ecco che cosa scrive l’uomo in un post sui social poi cancellato.

Io e mia moglie abbiamo sempre voluto un figlio nostro. Lei non poteva portare avanti la gravidanza a causa della sindrome dell’ovaio policistico e ha avuto 3 aborti spontanei (di cui 2-3 da fecondazione in vitro) e ora non può più rimanere incinta. Ora ha 43 anni. Abbiamo speso molto per la maternità surrogata per avere un figlio insieme. La surrogata era una dolce signora che si è presa cura del suo corpo. Io e mia moglie siamo stati eccitati per 3 giorni quando ha partorito, ma quando abbiamo visto il bambino ho capito che c’era qualcosa che non andava. Il neonato aveva connotati asiatici, capelli neri e occhi marroni, quando entrambi siamo entrambi biondi con gli occhi azzurri. Abbiamo subito parlato del problema coi medici e abbiamo chiesto un test del DNA. Io non sono il padre. Eravamo entrambi devastati così abbiamo contattato la banca dello sperma e surrogazione e loro hanno fatto qualche ricerca, ci hanno detto che eravamo un raro caso di scambio e che ci avrebbero dato un compenso se non ne avessimo parlato coi media o fatto causa. A noi non importa la razza, siamo sconvolti che il bimbo non sia di entrambi, anche se fosse bianco e non mio lo saremmo”. “La mamma surrogata aveva il cuore spezzato – continua – dopo che le abbiamo rivelato cosa era successo, ma non poteva permettersi di tenerlo perché aveva già 5 figli”.

E qui la “logica” conclusione : “Noi vogliamo fare causa all’agenzia e non tenere il bimbo”

Fare causa all’agenzia. Non tenere il bambino. Perché quello che veramente importa è “fare giustizia” di un desiderio/capriccio non soddisfatto. E perché no, avere un generoso risarcimento “danni”.

La storia ha suscitato varie reazioni sui social. Secondo alcuni la coppia non avrebbe potuto amare il bimbo, secondo altri al piccolo ora mancherà una famiglia amorevole per un errore non suo. Qualcun altro ha sottolineato che lo scambio è stato nello sperma e non negli ovuli.

Ciò che è più triste è quello che sottolinea un lettore nell’ intento di difendere il papà “non è il bimbo che volevano, si sono rivolti a un’agenzia per avere un figlio che gli appartenesse biologicamente. Questo è il senso della maternità surrogata. Che sia moralmente giusto è una domanda difficile. Ma mi sembra chiaro che nessuno ha ottenuto ciò che voleva”.

Certo, vien da dire: gli affari sono affari. E di sicuro la vicenda ripropone tutti i dubbi e i rischi, umani e perfino economici, di una pratica che trasforma ogni desiderio in diritto e la vita umana in oggetto di mercimonio.

Fonte: universo mamme.it