Veneto: verso la chiusura delle comunità di accoglienza

Raddoppiare il numero di famiglie affidatarie in Veneto: e’ l’obiettivo che da tempo si e’ posto l’assessore alle Politiche sociali Remo Sernagiotto.

Secondo i piani dell’assessore, infatti, il numero delle famiglie autorizzate all’affido familiare dovrebbe salire nel corso dell’anno dalle settecento attuali a 1.500. Per riuscire a rispettare la tabella di marcia, ad aprile partiranno i corsi di formazione e contemporaneamente avrà inizio il coordinamento tra servizi sociali, enti locali e famiglie affidatarie o aspiranti.

“Abbiamo attualmente nel Veneto circa mille minori in affido familiare – ha riferito Sernagiotto -, con un costo di 3,5 milioni di euro. Per contro, ci sono mille minori in piccole strutture residenziali, gruppi famiglia, comunita’ alloggio che pero’ costano 23 milioni di euro, a carico dei comuni”.

A mettere in guardia dal possibile ridimensionamento, per motivi di bilancio, dell’affidamento dei minori in comunità sono i direttori dei nove settimanali diocesani del Veneto (Padova, Treviso, Venezia, Chioggia, Rovigo, Verona, Vicenza, Belluno e Vittorio Veneto) in una lettera aperta all’assessore. “Le comunità di accoglienza rappresentano un patrimonio di valori, competenze, sensibilità cresciute nel tempo e frutto anche d’investimenti dell’ente pubblico. Sarebbe davvero grave perdere tutto questo”. I direttori evidenziano che “l’aspetto finanziario, in tale settore più che in altri, non può essere l’unico metro di valutazione”.

“Per ogni singolo intervento – sottolineano i settimanali cattolici veneti – è indispensabile che vengano valutati attentamente obiettivi e strumenti, in modo da perseguire il bene massimo del bambino, considerando la diversa efficacia dell’inserimento in comunità di accoglienza o dell’affido a una famiglia. Per queste famiglie si tratta di un coinvolgimento forte, con risvolti umani, psicologici e affettivi rilevanti, mettendo nel conto anche l’eventualità d’intoppi con la necessità di rivedere le scelte fatte”. “Anche noi – proseguono – auspichiamo che davvero si moltiplichino le coppie e famiglie disponibili ad aprirsi a esperienze di accoglienza o di servizio a beneficio di persone in difficoltà”, ma “va riconosciuto” che “tali preziose disponibilità non s’improvvisano”, maturando “solo grazie a un cammino di consapevolezza e preparazione non superficiale”. “Crediamo inoltre che le comunità di accoglienza per minori rappresentino una formula non facilmente sostituibile per dare risposta a talune situazioni nelle quali, in non poche occasioni, si è già sperimentato il fallimento di un affido familiare”. La preoccupazione, dunque, è che, “data la difficoltà di ampliare in breve tempo il numero delle famiglie affidatarie, l’orientamento annunciato – concludono – si traduca solo in una sottrazione di risorse per le realtà esistenti”.

A chi non è d’accordo con l’intervento predisposto dall’assessore Sernagiotto rispondiamo che laddove non è possibile avere famiglie affidatarie, ci possono essere le case famiglia composte da una mamma e un papà che accolgono temporaneamente i minori in difficoltà, che al posto delle comunità di accoglienza, possono assicurare il calore di una famiglia e far toccare finalmente ciò che significa una vera famiglia.

Quindi la sfida non è tanto ridurre i costi ma garantire ad ogni minore abbandonato quantomeno la “carezza della famiglia”.