Vittoria del Governo romeno sui bambini abbandonati

invisibiliSiamo un gruppo di ragazzi che hanno vissuto negli orfanotrofi di Brasov, in Romania. Vogliamo raccontarvi del nostro passato ma prima di tutto ringraziarvi per la petizione sulla riapertura delle adozioni internazionali in Romania. Abbiamo sofferto molto tra le mura di quegli istituti dove botte e abusi erano all’ordine del giorno. Molti di noi avrebbero potuto essere adottati, molti di noi si sarebbero potuti salvare ma il Governo rumeno non ci ha mai consentito di avere una famiglia. Dopo avere compiuto 18 anni, ciascuno di noi ha dovuto lasciare l’orfanotrofio. Ci siamo ritrovati soli, a vivere in strada. Questo succederà anche a tutti i minori della Romania se l’adozione internazionale non sarà aperta.”

Questa la lettera ricevuta qualche giorno dopo la chiusura della Petizione attraverso cui Ai.Bi. chiedeva al Parlamento Europeo la riapertura delle Adozioni Internazionali in Romania.

Questa la risposta di Victor Bostinaru, coordinatore dei socialisti nella Commissione per le Petizioni: “La chiusura di questa petizione è stata una vittoria romena del buon senso. La legislazione morena non trasgredisce alcuna norma internazionale o europea”.

Ma una seconda missiva, come sapete è giunta sulla mio tavolo: “Siamo coloro che non hanno avuto un padre e una madre; non abbiamo mai avuto niente e non avremo mai niente perché il nostro passato non può essere cambiato. Siamo rimasti scioccati quando abbiamo sentito che tre euro-parlamentari rumeni non erano favorevoli alla riapertura dell’adozione internazionale in Romania. Chi è Elena Basescu per sostenere che i bambini degli orfanotrofi stanno meglio senza famiglia? E’ la figlia del Presidente rumeno. Lei sì che ha avuto una madre e un padre. Se le istituzioni europee non approveranno la petizione per la riapertura delle adozioni, più di 80.000 minori rumeni abbandonati di cui 4000 orfani, avranno questo destino: vivere nell’umiliazione, vivere nelle bugie, senza amore, senza FAMIGLIA, senza educazione, SENZA SPERANZA e senza alcun motivo per cui vivere.

A questa seconda lettera faccio nuovamente seguire la risposta degli altri due europarlamentari romeni Elena Basescu e Adina Valean: “Sì, la chiusura di questa petizione è un vero successo; ogni tentativo di reintrodurre questo tema all’ordine del giorno delle istituzioni UE e di realizzare pressioni sul Governo rumeno devono ESSERE RESPINTE FERMAMENTE”.

Sì, ho avvicinato domande di coloro che non hanno avuto la possibilità di salvarsi trovando una famiglia alle risposte di coloro che avrebbero i mezzi e il dovere di farlo.

E’ disarmante ma assolutamente esaustivo ed emblematico di un sistema rumeno che infatti festeggia e celebra la chiusura della nostra petizione come fosse una vittoria.

Ma vittoria su chi?

Sui ragazzi che raccontano il dolore di una vita negli orfanotrofi, su un esercito di 11mila bambini abbandonati e adottabili, su circa 70mila minori fuori famiglia.

Se si parla di vittoria si presuppone la fine di una battaglia.

Incredibile dato che il campo in cui lo scontro ha avuto inizio è stata la Commissione per le Petizioni del Parlamento Europeo, riunita per discutere e deliberare di intervenire affinché la Romania si conformasse alle Raccomandazioni del Comitato ONU del 12 giugno 2009 (CRC/C/ROM/CO 4).

Incredibile visto che i due “eserciti” a confronto erano politici che dovrebbero avere a cuore il diritto imprescindibile dei loro minori, e i minori stessi abbandonati due volte.

Figli di nessuno che però si sono rivolti a noi e non possiamo nascondere quel grido, non possiamo far finta di nulla. Costituiremo un gruppo di lavoro con la società civile rumena, creeremo un sito che raccoglierà tutte le testimonianze ricevute e attraverso cui inizieremo una petizione collettiva questa volta sottoscritta dai cittadini stessi rumeni, organizzeremo un Convegno per sensibilizzare la società civile.

Faremo tutto ciò che sarà in nostro potere per dare a quelle richieste di aiuto, dei figli di nessuno romeni, la giusta e unica risposta: una famiglia.

Marco Griffini,

Presidente di Ai.Bi.