È possibile adottare un piccolo profugo proveniente da un Paese in guerra?

Buongiorno Ai.Bi.,

siamo una coppia di coniugi rispettivamente di 60 e 58 anni: io libero professionista appena andato in pensione e mia moglie docente di scienze, anche lei in pensione da quest’anno. Abitiamo in provincia di Torino e non abbiamo mai avuto figli. Davanti alla drammatica situazione dei migranti, di cui sentiamo parlare ogni giorno in televisione e sui giornali, sentiamo la necessità e il desiderio di offrire il nostro contributo. In  particolare per le più fragili tra queste persone che fuggono dalla guerra o dalla miseria: i bambini, soprattutto quelli che giungono da soli in Europa e non hanno nessuno che si possa prendere cura di loro. Vorremmo quindi adottare un bambino proveniente da uno dei Paesi attualmente in guerra da cui arrivano molti di questi piccoli migranti, come la Siria o l’Afghanistan. Sapete dirci se sia possibile?

Grazie,

Gianmarco

 

 

MORETTI

Caro Gianmarco,

innanzitutto grazie per la vostra sensibilità e disponibilità all’accoglienza.

È necessario però fare una precisazione importante. I minori adottabili sono quelli ufficialmente riconosciuti come in stato di abbandono. I giovanissimi migranti che arrivano sulle nostre coste senza adulti di riferimento non rientrano praticamente mai in questa categoria. È vero che giungono in Europa da soli a bordo dei barconi, ma quasi sempre hanno lasciato nel proprio Paese di origine i loro genitori, dei parenti, una famiglia. Non possono quindi essere considerati in stato di abbandono. Pertanto non sono adottabili. Per  poter comunque accogliere il loro bisogno di famiglia è possibile offrire la propria disponibilità all’affido familiare. Amici dei Bambini, con il suo progetto Non lasciamoli soli, promuove infatti l’accoglienza in affido dei minori stranieri non accompagnati. Già più di 2mila famiglie di tutta Italia hanno aderito all’appello di Ai.Bi. per garantire a questi giovanissimi migranti soli il calore e la sicurezza di una famiglia, preservandoli da quello che potrebbe accadere loro se fossero collocati, come troppo spesso accade, nei grandi centri perennemente al collasso e inadatti ad accogliere dei minori. Molti di loro, infatti, fanno perdere le proprie tracce e finiscono nel tunnel dell’illegalità e dello sfruttamento.

Nel caso dei siriani, tra l’altro, la maggior parte dei giovanissimi non arriva da solo, ma in famiglia. Per loro, come in generale per le famiglie di migranti, Ai.Bi. chiede la disponibilità di luoghi in cui accoglierli o di sostegno alle nostre strutture di accoglienza, come la “Tenda di Abramo” recentemente inaugurata in Lombardia, anche con attività di volontariato.

In alternativa, è possibile aiutare i bambini siriani a rimanere nel proprio Paese in condizioni dignitose. Non è una vera e propria accoglienza, ma un Sostegno a Distanza, tramite il progetto Io non voglio andare via, che si propone di garantire ai piccoli siriani della provincia settentrionale di Idlib il diritto al cibo, alla casa, alla salute, al gioco e allo studio.