Messina. “La famiglia è un’altra cosa!” L’accoglienza giusta dei piccoli migranti raccontata agli psicologi siciliani

famiglia vinciToccare con mano l’esperienza di un bambino in fuga dalla guerra e dalla miseria, “vivere” attraverso di lui il dramma di un viaggio devastante alla ricerca di una nuova speranza. Sono questi i “consigli” che Antonino Vinci ha dato agli psicologi intervenuti, sabato 2 e domenica 3 luglio, a Messina al corso di formazione su “Accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e intervento psicologico”. Che il consiglio non arrivi da una fonte “professionale” conta davvero poco se la voce è quella di chi ha aperto le porte del proprio cuore e della propria casa ai ragazzi che fuggono da soli dal loro Paese e che sempre da soli approdano in Italia in cerca di un futuro di pace.

Antonino Vinci, insieme a sua moglie Caterina, tramite Amici dei Bambini ha infatti accolto in affido due ragazzi africani giunti nel nostro Paese senza genitori. Hanno dato loro una casa, la possibilità di studiare, di iniziare a lavorare, di sentirsi circondati dal calore di una famiglia. Quasi un privilegio in un Paese come il nostro, dove la quasi totalità dei minori stranieri non accompagnati finisce ammassato nei grandi centri di accoglienza e dove la disponibilità delle famiglie all’affido viene costantemente ignorata dalle istituzioni.

Nel corso del convegno organizzato dall’Ordine degli psicologi della Regione siciliana, i Vinci hanno portato la propria testimonianza. Già genitori adottivi di un bambino congolese, Caterina e Antonino a dicembre del 2013 hanno accolto un ragazzo somalo rimasto con loro per 14 mesi, prima di andare a cercare fortuna altrove, una volta divenuto maggiorenne. A pochi giorni di distanza dalla partenza del primo figlio affidatario, le porte di casa Vinci si sono aperte nuovamente. Questa volta per un ragazzo nato in Senegal, ma vissuto in Gambia, da dove è fuggito dopo la morte della madre. “Dopo il suo arrivo a Messina ha perso anche il padre, mentre per il fratello, rimasto in Gambia, il ricongiungimento familiare è complicatissimo – ha raccontato Antonino -. Entrambi i ragazzi che abbiamo accolto hanno frequentato dei tirocini formativi e il secondo, che è ancora con noi, è perfettamente inserito nella nostra realtà e gioca nella squadra di calcio locale”. Tutte opportunità che non avrebbero avuto, se fossero stati collocati in un qualsiasi centro di accoglienza. “La famiglia è un’altra cosa!”, è il motto della famiglia Vinci, uno degli “esperimenti” di accoglienza giusta più riusciti nell’ambito del progetto Bambini in Alto Mare di Ai.Bi.

Un esempio che le istituzioni sono chiamate a prendere in considerazione e gli psicologi, nella loro sfera professionale, a incoraggiare. Il corso, nato con l’intento di approfondire il fenomeno migratorio e di condividere modelli  di intervento per potenziare il sistema di accoglienza, ha cercato di fornire agli psicologi gli strumenti necessari per provvedere alla cura dei minori stranieri non accompagnati più vulnerabili, contribuendo a prevenire i casi di tratta. Un obiettivo per il quale l’accoglienza in famiglia è sempre una strategia vincente: per informazioni, chiedere proprio a Caterina e Antonino Vinci.