Russia. Artiom, 7 anni in istituto…ora saluta sempre chi incontra per strada e guai a non rispondere al suo saluto!

artiomArtiom questa mattina non vedeva l’ora di andare a scuola, conoscere la maestra, i suoi compagni e cominciare la sua nuova avventura con matite e quaderni. Il piccolo ometto arrivato in Italia dalla Siberia meridionale, i primi di febbraio, ha trascorso una bella estate insieme a mamma Caterina e papà Adriano e lunghe giornate all’oratorio della sua cittadina, Priolo in provincia di Brescia.

Si è divertito molto, è stato velocissimo ad ambientarsi e a legare con gli altri bambini – dicono i coniugi Baresi – : Artiom è un bambino che cerca le amicizie: in cortile si ferma a parlare a lungo con i vicini, insomma, è decisamente socievole!”.

Da febbraio a oggi l’affiatamento con i genitori e in famiglia è progredito velocemente: Artiom parla già bene italiano, bacia e saluta sempre chi incontra per strada, “tanto che si arrabbia se le persone non rispondono al suo saluto”, racconta Caterina. Come tutti i maschietti ama saltare, correre, andare in bicicletta, nuotare e anche ascoltare la musica: un bambino inarrestabile che “non vuole più le zuppe, soprattutto da quando ha scoperto la pizza e la pasta” aggiunge la mamma.

La storia di Artiom, che a fine ottobre compirà 7 anni, è quella di molti bambini che ancora oggi attendono di tornare a essere figli: abbandonato in ospedale, dopo una nascita prematura, è sempre vissuto in istituto, a 300 km dalla città di Kemerovo.

L’incontro con mamma e papà è avvenuto nel luglio 2015 quando i bambini dell’istituto si trovavano in vacanza in una dacia vicino a un lago. “Era un contesto che poteva far pensare alle nostre colonie di qualche tempo fa – racconta Caterina – anche se, a parte le attenzioni degli educatori, l’ambiente non era proprio il massimo!”. Mamma, papà e Artiom si sono incontrati la prima volta in una piccola stanzetta che serviva anche da infermeria.

Artiom è arrivato con una tata e l’interprete che gli spiegava chi fossimo e cosa sarebbe successo – dicono i signori Baresi -: il primo giorno nostro figlio guardava solo la tata, era ancora impaurito. Dal giorno successivo l’educatrice ci aiutava a iniziare il gioco e lui allora progressivamente si avvicinava a noi: del resto si hanno a disposizione pochi giorni e poche ore per stare insieme, cercavamo di fare del nostro meglio per rassicurarlo”.

 Sono seguiti, come da procedura, il secondo e il terzo incontro prima dello scorso Natale. “Un freddo indescrivibile! – dice papà Adriano, che ricorda le gelide giornate scaldate solo dalla gioia di poter vedere il proprio figlio – : in un caso eravamo a -25, nel secondo è andata meglio, si fa per dire, perché eravamo a -13 e soprattutto sapevamo che si trattava dell’ultimo viaggio prima di tornare in Italia”.

Artiom ha lasciato l’istituto tranquillo, fidandosi completamente di mamma e papà. “E pensare che abbiamo avuto due o tre ore di viaggio in auto per arrivare a Mosca – ricorda mamma Caterina – e ancora non ci capivamo bene. Quegli ultimi giorni sono stati un periodo trascorso bene insieme: abbiamo fatto un po’di turismo ma la meta preferita di Artiom era un centro commerciale solo dedicato ai bambini”.

Le tempistiche per l’adozione di Artiom, raccontano i signori Baresi, sono state abbastanza rapide, considerando la procedura russa: “Paradossalmente abbiamo perso tempo nel rifare certi documenti perché il nostro indirizzo di casa era stato trascritto male – ricorda il papà – per il resto non possiamo lamentarci, in totale il nostro percorso è durato due anni e mezzo. Per adottare occorre senz’altro molta motivazione e non mollare al primo intoppo, oltre che una buona preparazione. Sapevamo che Artiom era là ad aspettarci e questo ci bastava per non perdere la bussola”.

Oggi Artiom, che, abituatosi subito al clima italiano più mite “brontola se fuori piove o fa freddo”, ha fatto molti progressi e, tra i tanti, ha scoperto che alcune cose possono essere solo sue. “Ha capito cosa significa ‘mio’ , abituato come era a condividere tutto in istituto. E ha finalmente imparato a capire chi sono, nel profondo, mamma e papà”.

Quasi non ricordiamo la vita prima di Artiom – concludono i genitori – ci sembra sia da sempre con noi. E’ senz’altro diventata migliore, nostro figlio ci ha ripagato di tutti gli sforzi e difficoltà”.