Siria, Luigi Mariani (Ai.Bi.): “Quando dopo due anni e mezzo ho lasciato i bambini siriani, mi hanno detto una sola cosa: ‘Non dimenticarti di noi!'”

luigi-marianiNelle scorse settimane è terminata la missione in Siria di Luigi Mariani, country coordinator di Amici dei Bambini nel Paese mediorientale. Al termine di questa esperienza, Mariani ha voluto condividere sul suo profilo Facebook un breve, ma sentito bilancio di questa parte della sua vita. Di seguito riportiamo i suoi pensieri.

 

Dopo due anni e mezzo, si è conclusa la mia missione siriana con Amici dei Bambini. Ora mi prenderò una piccola pausa, poi valuterò per quale nuova destinazione ripartire.
Permettetemi una riflessione. Negli scorsi mesi ho a lungo cullato il desiderio, forse un po’ egoistico e meschino, di allontanarmi dalla Siria in cerca di approdi più quieti, e scrollarmi di dosso l’orrore di una guerra disgraziata e bastarda come poche altre nella nostra storia. Ma se c’è una cosa che, alla fine, ho imparato da questa esperienza, è che non si può considerare questo come un semplice lavoro, senza ammettere di essere anche al servizio di qualcos’altro, di qualcun altro. Le persone che pretendiamo di voler aiutare, innanzitutto: i nostri “beneficiari”.
Non sarebbe giusto, credo, trasformarli in una semplice proiezione dei nostri desideri: sarebbe come ferirli, deformarli, strumentalizzarli per le nostre personali ambizioni di vita. D’altro canto, i siriani non ci chiedono di compatirli, o salvarli come fossimo degli improbabili eroi piovuti da chissà quale cielo o dimensione alternativa. Ci chiedono solo di non dimenticarli, perché loro – in fondo – sono NOI. Allo stesso modo in cui NOI, a nostra volta, siamo siriani, iracheni, yemeniti, nigeriani, somali, sudanesi, eritrei e via dicendo. E dovremmo sentirci tali non solo per esigenze di solidarietà “social”, ogni volta che una tragedia particolare colpisce una di queste popolazioni e sale alla ribalta dei media di tutto il mondo, ma per ben più profonde ragioni di fratellanza e comune senso di appartenenza a un unico Destino.
Tutto è connesso, tutto ci tocca e responsabilizza. Per questo motivo, a dispetto di un cuore un po’ affaticato dallo scempio cui ho dovuto assistere in questi anni, sento ancora forte l’attrazione verso quel grosso buco nero della nostra umanità che è diventata oggi la Siria. Per questa ragione, sto realizzando che forse non è ancora giunto il momento di abbandonare il popolo siriano alla sua sorte (lo hanno fatto già in tanti, troppi), quanto piuttosto di investire i talenti maturati nell’ultimo periodo per portare qualche goccia in più in questo sconfinato oceano di bisogno. Ma un nuovo inizio quello sì, ci vuole. Ne ho bisogno. Per sopravvivere a me stesso, più che altro.
Nei prossimi mesi continuerò a utilizzare Facebook e Twitter per gettare luce su ciò che accade in Siria, nella speranza di tenere sempre un po’ inquieti coloro che mi seguono con costanza e affetto sincero. E per impedire anche a me stesso di riposare tranquillo.
In attesa di conoscere cosa mi riserverà il prossimo futuro, ringrazio tutti coloro che mi hanno accompagnato in questa avventura e quanti mi hanno supportato fino a oggi con i loro messaggi di incoraggiamento. Salam aleikum a tutti voi.