Da figlia adottiva a mamma adottiva: “ti capisco perché anche io ho vissuto la tua stessa storia”

Tutte le mamme sono uniche e Giusi ha avuto modo di raccontare la sua maternità, donata con l’adozione, anche in un libro di cui AiBi ha recentemente scritto e recensito.

Oggi, per #iosonoundono, insieme al marito Alberto, ricorda l’incontro con i suoi figli, Daniel, oggi 13 anni e David, 11, avvenuto in Colombia circa cinque anni fa.

Il primo momento insieme non è stato rosa e fiori, in parte perché i nostri figli non erano stati molto preparati a incontrarci, pur avendo ricevuto tempo prima le nostre foto – raccontano i genitori -; in parte perché vivevano in una famiglia affidataria verso la quale nutrivano un attaccamento sincero. Quando li abbiamo visti erano spaventati, non solo perché grandicelli e quindi consapevoli di quanto stava accadendo. Gli affidatari erano stata accudenti e, per fortuna, non avevano creato confusione sui ruoli: gli adulti si facevano chiamare zia e zio, quindi abbiamo poi insieme scoperto il significato di mamma e papà. Tuttavia si volevano bene e quindi il passaggio non è stato facile”.

Mentre parla, Giusi lascia trasparire la comprensione profonda dei sentimenti dei figli al momento dell’accoglienza in famiglia: lei stessa è diventata figlia con l’adozione e quindi il suo cammino interiore l’ha portata a riflessioni che, almeno in teoria, potevano rappresentare un valore aggiunto al momento di adottare, a sua volta. In realtà mi sono resa conto che non è affatto scontato che un figlio adottivo intraprenda la stessa strada accogliendo bambini abbandonatiprecisa – per noi è andata così”.

Giusi e Alberto sono stati accanto ai loro figli – che non volevano “lasciare la casa degli zii” – con i silenzi e gli abbracci. Le parole non servivano: “Provavamo un senso di impotenza verso due bambini tristi e in lacrime – ricorda Alberto – La  psicologa ci aveva preparato a reazioni anche violente, che non ci sono state, ma toccavamo con mano la loro sofferenza e rabbia”.

Entrambi i figli hanno avvertito un contraccolpo importante nel lasciare il loro passato: dalla madre biologica Daniel e David sono vissuti in due case famiglia: “I loro ricordi sono più legati alla fatica per il distacco dagli ultimi affidatari – aggiungono i genitori – ; ogni tanto sono affiorati qualche pensiero e qualche domanda sui perché dell’abbandono”.

Ogni adozione ha il suo particolare inizio, che farà parte della storia individuale di ogni famiglia, segnando un fondamentale spartiacque con il passato.

Mentre Daniel, all’epoca di 8 anni, era più caricato di responsabilità, tanto che aiutava perfino il fratellino ad accettare la nuova situazione, David si lasciava andare a esplosioni di rabbia e paura”.

Il cambio decisivo avvenne una sera, in modo naturale e spontaneo, proprio durante un abbraccio di Giusi al suo figlio più piccolo. “Non l’avevo previsto, anzi avevo immaginato di comunicare la notizia anni dopo – dice – ma nel vedere quanto fosse disperato David mi venne spontaneo abbracciarlo e dirgli: Ti capisco perché anche io ho vissuto la tua stessa storia. Subito il bambino si calmò e si aprì una breccia, si era creata una immediata empatia tra noi”.

E così, dopo alcuni giorni faticosi per la famiglia appena nata, gli spigoli cominciarono a smussarsi.

Daniel si faceva forte, era quasi impenetrabile – ricorda anche il papà – Aveva somatizzato le sue paure e lui stesso se ne rendeva conto: aveva mal di pancia e dissenteria. Un giorno è perfino riuscito a dircelo: ho male alla pancia perché ho paura”.

Un bambino responsabile, Daniel, che giorno dopo giorno è stato capace, con l’amore della famiglia, ad aprirsi. “E’ sempre stato più maturo della sua età – dice Giusi – Quando poi ha saputo della mia storia, ha mostrato una sintonia maggiore ed è cresciuto l’attaccamento. Questa rivelazione di fatto li ha resi liberi di comunicare le loro emozioni”.

Giusi e Alberto oggi, con un ragazzino preadolescente in vita della terza media e un bambino sicuro di sé che entrerà in prima media a settembre, si rendono conto di quanto cammino sia stato percorso insieme. “Noi abbiamo dovuto solo confermare di esserci e di esserci per loro. Sono stati bravissimi”.

La scuola è stato un passaggio fondamentale per entrambi i bambini: sono stati felici di entrarci, gradualmente, di frequentare lo stesso istituto, di avere compagni di scuola anche comuni.

Quello che mi ha insegnato la mia storia, posso dirlo ora che sono adulta – dice Giusi – è comprendere le fatiche  dei miei genitori nell’accompagnarmi: all’epoca erano da soli, non avevano intorno come oggi una rete di supporto, degli enti e di altre famiglie adottive. Avevano cercato di mantenere la normalità nella mia vita, facendomi sentire figlia  tutti gli effetti. Oggi capisco però quanto la condivisione dei problemi e delle esperienze sia essenziale, una grande forza”.

Giusi e Alberto, che sono stati assidui frequentatori e animatori del Forum di AiBi, sono genitori molto attivi. “Abbiamo ricevuto molto dalle famiglie e cerchiamo di dare anche noi qualcosa in cambio”.

Lo scambio di esperienze e consigli resta uno degli elementi più preziosi per qualsiasi famiglia che si avvicini all’adozione.

E’ stata una esperienza così parte integrante della nostra famiglia che un giorno David mi ha chiesto: Non andate più in quel luogo dove vi aiutano a diventare mamme e papà?”

Il libro di Giusi Musumeci “Amata Sempre” è disponibile su Amazon