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Utero in affitto.Le femministe di tutto il mondo chiedono all’ONU il bando universale di questa vergognosa pratica

Sono 230 le organizzazioni di 18 diversi Paesi, sparse su quattro continenti, che hanno firmato un appello recapitato alle Nazioni Unite nel corso dell’Assemblea generale in corso in questi giorni. Le firmatarie chiedono ai capi di Stato e di governo presenti nella Grande Mela di “esprimersi pubblicamente a favore dei diritti delle donne e dei bambini, per la messa al bando dell’utero in affitto 

Ci siamo accorte – spiega Alicia Miyares, portavoce di una Ong spagnola che è tra le proponenti dell’iniziativa – che l’Unfpa e l’Unhchr non avevano una posizione molto chiara sull’argomento e volevamo sottolineare che le donne non faranno mai passare un’apertura alla legalizzazione

figli. Il no delle femministe all'utero in affittoUn secco e definitivo no dell’universo femminista alle voci sibilline circa la possibilità di ‘normare’ in qualche modo l’orrenda (e attualmente illegale) pratica dell’utero in affitto: le donne appartenenti a 230 organizzazioni che hanno base in 18 differenti Paesi, sparse su 4 continenti, hanno appena firmato un appello per chiarire all’ONU che da parte loro per questa ipotesi non ci sarà mai campo libero.

E nel comunicato hanno ribadito “l’utero in affitto rappresenta una seria violazione dei diritti e della dignità di donne e bambini”.

Qui sotto l’articolo integrale del Corriere.it in cui vengono forniti tutti i dettagli della vicenda.

Le femministe di tutto il mondo uniscono le forze nella battaglia contro l’utero in affitto: 230 organizzazioni di 18 diversi Paesi, sparse su 4 continenti, hanno firmato un appello che è stato recapitato alle Nazioni Unite durante l’Assemblea generale che si sta svolgendo in questi giorni. Dalla Spagna, da dove è partita la campagna, alla Francia passando per Svezia, Italia, Regno Unito, Belgio, Germania, Olanda, Canada, Australia, Messico, Argentina, Repubblica Dominicana, India, Thailandia, Cambogia, Stati Uniti le firmatarie chiedono ai capi di Stato e di governo presenti a New York di “esprimersi pubblicamente a favore dei diritti delle donne e dei bambini, per la messa al bando dell’utero in affitto”.

I governi dovrebbero anche togliere i fondi a quelle agenzie dell’Onu che appoggiano la legalizzazione dell’utero in affitto, la cosiddetta surrogata altruistica, in particolare il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) e l’ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani (Unhchr)”.

“Noi ci siamo accorte – ha detto Alicia Miyares, portavoce dell’ong spagnola No Somos Vasijas, Non siamo contenitori che ha lanciato l’iniziativa insieme ad altre organizzazioni spagnole – che l’Unfpa e l’Unhchr non avevano una posizione molto chiara sull’argomento e volevamo sottolineare che le donne non faranno mai passare un’apertura alla legalizzazione”. 

Il comunicato ribadisce che “l’utero in affitto rappresenta una seria violazione dei diritti e della dignità di donne e bambini. E’ in tutto e per tutto una forma di sfruttamento della donna in cui il neonato viene trattato come una merce soggetta alla firma di un contratto”.
Le madri surrogate corrono “un rischio fisico e psicologico” mentre “i bambini vengono privati del diritto a conoscere le loro origini”.
Secondo le organizzazioni femministe firmatarie, tra cui per l’Italia Se non Ora quando libere e Arcilesbica, il business multimilionario dell’utero in affitto viola 5 convenzioni internazionali, quella per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw) (art. 7-9 e 35), quella per sopprimere la schiavitù, quella per i diritti del bambino (art. 2 e 3) e il protocollo addizionale alla convenzione contro il crimine organizzato.

“Il desiderio di diventare madre o padre di bambini che abbiano un legame genetico non è un diritto né tantomeno un diritto umano. I desideri non sono automaticamente diritti umani”.