Africa. Emigrazione di minori stranieri non accompagnati: una realtà di cui più nessuno parla

Corridoi umanitari e interventi di cooperazione internazionale in loco: sono questi gli interventi necessari (e troppo dimenticati) per dare una speranza a tutti i ragazzi che cercano di emigrare per sfuggire dalla guerra o che chiedono  di costruire un futuro nello loro terra africana

Nel suo recente viaggio in Libia, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha toccato un aspetto fondamentale relativo al tema dei migranti: “Il problema – ha detto – non è solo geopolitico, è anche umanitario. Da questo punto di vista l’Italia è uno dei pochi, forse l’unico paese, che continua a tenere attivi i corridoi umanitari”.

Il dramma dimenticato dell’emigrazione economica dall’Africa

Una frase che richiama un dramma un po’ dimenticato negli ultimi tempi, pieni di notizie e attenzione verso la pandemia, ma che non ha mai smesso di scrivere i suoi drammi e mietere le sue vittime: quello dell’emigrazione dei giovani dai Paesi africani.
Magari il discorso torna alle cronache per qualche episodio, come per esempio, quello di Doudou Faye, il quattordicenne senegalese affidato dal padre a un trafficante perché lo portasse in Europa, attraverso la rotta che passa per le Canarie, la Spagna e, da lì, in Italia. Il ragazzo, purtroppo, non ce l’ha fatta, come capita drammaticamente, e spesso nel silenzio, a molti altri suoi coetanei, messi nelle mani delle organizzazioni di trafficanti nella speranza che, arrivati in Europa, possano mandare a casa del denaro.

Ma il singolo Dramma di Faye non è che uno dei tanti che giornalmente si consumano. Drammi che non sono solo di chi muore durante il viaggio, ma anche di chi riesce ad arrivare come minore non accompagnato in una Europa che, al di là dell’immediata assistenza che fornisce, dei centri di accoglienza, dei mediatori culturali… non è un grado di fornire una vera integrazione e una prospettiva a questi ragazzi, destinati, una volta cresciuti, a ritrovarsi lontani da casa, sradicati dalla loro origine e con prospettive di integrazione davvero minime.

Chi scappa dalla guerra e chi cerca un’opportunità di futuro

Ecco perché un vero intervento di aiuto verso questi ragazzi non può prescindere da un aspetto che sta a monte di tutto: saper distinguere fra i minori che scappano dalla guerra e chi cerca nuove opportunità per il futuro.
Per i primi, come ricordato dallo stesso Draghi, occorrono i corridoi umanitari, davvero troppo dimenticati e mai realmente protagonisti delle trattative politiche internazionali che Italia ed Europa hanno con i Paesi in guerra. In particolare, quando si tratta di MISNA (minori stranieri non accompagnati), servirebbe anche una legge sull’affido Internazionale, perché sarebbe assurdo organizzare e garantire corridoi umanitari per poi rinchiudere i ragazzi che arrivano in centri sovraffollati da cui il più delle volte usciranno senza prospettive. Questi ragazzi devono essere accolti dalle famiglie italiane, finché sono minorenni, e avere, così, una vera opportunità di crescita e integrazione.
Per quanto riguarda, invece, i minori che non fuggono da un pericolo immediato, ma cercano una possibile strada per il futuro, l’aiuto deve arrivare da interventi di cooperazione internazionale in loco.

Ai.Bi. porta avanti da anni questo discorso, grazie al fondamentale supporto del Sostegno a Distanza, formando i giovani e accompagnandoli nel loro percorso verso il futuro. In Marocco, per esempio, sono attivi da tempo programmi utili all’inserimento lavorativo nella società, che puntano a dare un futuro a questi ragazzi e non lasciarli a loro stessi.

Anche in Italia il dramma di questi giovani non viene dimenticato, con l’attivazione di comunità di accoglienza per adolescenti fuori famiglia e minori stranieri non accompagnati come per esempio “Casa Pinocchio”.

L’obiettivo, in fondo, ovunque ci si trovi a operare nel mondo, è sempre lo stesso: non lasciare mai solo nessun bambino o ragazzo abbandonato!