Perché avete scelto di fare affido?… e perché no?

“Ogni famiglia che non ha grosse difficoltà, in base alle proprie capacità e sensibilità, potrebbe aprirsi agli altri attraverso l’accoglienza familiare temporanea”

Perché avete scelto di fare affido?

“Ti rispondiamo subito: perché no? Per noi l’affido era una possibilità, una scelta di vita che tornava sempre – come idea, come occasione di aprirsi agli altri. Più si approfondiva, più cercavamo informazioni o testimonianze di chi già lo aveva fatto, più la vita ti riportava lì. E alla fine è arrivato il momento giusto per noi”. 

Caterina e Alberto da fine 2018 sono diventati famiglia accogliente e affidataria: una decisione presa da tempo e diventata reale quando Caterina aveva deciso di lasciare il lavoro per dedicarsi maggiormente alla famiglia. E, in qualche modo, di allargarla.

Ogni famiglia, che non ha grosse difficoltà, dovrebbe aprirsi all’accoglienza

 “Ogni famiglia che non ha grosse difficoltà, in base alle proprie capacità e sensibilità, potrebbe aprirsi agli altri attraverso l’affido – dicono gli affidatari, genitori naturali di due bambini di 9 e 7 anni felicissimi di avere una ‘sorellina’ da coccolare – è esperienza di crescita per tutti, in famiglia e un dono prezioso per i bambini accolti. Non serve certo che gli affidatari siano perfetti ma che mostrino una versione ‘positiva’ di famiglia: un luogo in cui ci sia rispetto, in cui i genitori si parlino senza urlare, in cui ci siano insomma le condizioni per crescere”.

 Martina, la bambina che oggi è in affido da Caterina e Alberto, aveva 9 mesi quando è arrivata, con un progetto di pronta accoglienza. Dopo 8 mesi di affido, il giudice chiese alla famiglia di confermare la loro disponibilità fino al dicembre 2020, prorogato poi per altri due anni. Una situazione diffusa, nel contesto degli affidi, quando – come nel caso della famiglia naturale di Martina – la situazione familiare di origine può evolvere in maniera positiva. “Sono anni decisivi, questi – dicono gli affidatari – e facciamo tutti il tifo perché tutto vada per il meglio”.

Eh sì, si tifa anche quando si fa affido.

 “L’aspetto fondamentale dell’affido – spiega Alberto – è che si prende tutto il blocco di affetti, relazioni, difficoltà e poi si tifa per tutti: mamma, papà, giudice, servizi sociali, educatori, figli. Noi abbiamo avuto prova di come siano delicate queste situazioni e di come educatori e assistenti sociali, esattamente come noi, siano chiamati a prendere decisioni di responsabilità sulla vita e sui progetti di vita altrui. È un bellissimo lavoro di squadra, faticoso, ma ne vale la pena”.

I genitori naturali di Martina stanno, per canto loro, facendo passi avanti per poter riunire la loro famiglia.

“Il primo anno i genitori sono stati latitanti nel senso che c’erano ma non erano nelle condizioni di far nulla per la bambina: erano molto impegnati sul lavoro che dovevano fare su sé stessi – racconta Caterina – Inoltre, avendo altri tre figli più grandi, rientrati in famiglia ma ancora seguiti dai Servizi, hanno bisogno di tempo. La cosa importante è che i genitori lavorano entrambi e assicurano la loro presenza agli incontri mensili.

Oggi possiamo dire che si sono impegnati per fare tutto ciò che era necessario. Io stessa sento la mamma di Martina molto vicina – aggiunge commossa Caterina – con tutto il carico di sue fatiche”.  

È probabile che la bambina non abbia ancora capito totalmente la situazione però, dicono Caterina e Alberto “ci siamo accorti che è contenta di vedere i genitori, li chiama mamma, papà e anche con il nome di battesimo – raccontano – speriamo che gli incontri possano aumentare, anche perché le cose stanno migliorando con il tempo. Martina è forse l’unica dei figli meno legata affettivamente ai genitori, visto che li ha conosciuti poco, ma il nostro ruolo è proprio quelli di aiutarla a fare questo passaggio, restando al suo fianco”. 

Un passaggio che sarà impegnativo anche per la famiglia di Alberto: è inevitabile, per quanto tutti siano consapevoli del proprio ruolo, che si mettano in gioco affetti e relazioni. Ma anche questo, fa parte dell’intreccio di rapporti accoglienti tipici dell’affido familiare: “Il fatto di non far sentire ai genitori naturali di Martina il peso del giudizio – dice Caterina – ha permesso di unirci e dare una carica in più, a noi e a loro; incontrarli, vedere il loro impegno, ci aiuta a sentire di meno la paura del futuro distacco dalla bambina quando, speriamo, tornerà in famiglia”. 

L’importanza della rete

Il giudice ha precisato che, data la qualità della relazione con la bambina, Caterina e Alberto possano mantenere con lei la continuità affettiva, anche quando tornasse in famiglia biologica.

Gli affidatari contano anche sul supporto di Ai.Bi. e del Centro per la famiglia di Affori nonché di una rete di famiglie affidatarie della zona.

Molti non conoscono l’affido, molti non sanno che anche i single possono farlo, tutti siamo risorse utilissime per l’accoglienza – conclude Alberto -. Perfino al lavoro ho raccontato la mia esperienza e c’è stato chi ha fatto altrettanto, ha voluto tentare e oggi è diventata una risorsa affidataria. Siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo e la nostra parte per l’accoglienza”