BAMBINIxLAPACE. Dalla paura al ritorno: il viaggio impossibile dei bambini ucraini strappati alla guerra

Deportati in orfanotrofi russi, adottati forzatamente o nascosti in regioni remote: oltre 1.200 minori sono tornati a casa grazie a una rete invisibile di madri coraggiose, operatori umanitari e missioni diplomatiche. Ma molti sono ancora dispersi

Ivan ha smesso di parlare. A soli quattro anni, con un fucile puntato sulla madre, la paura gli ha rubato la voce. Andrii, 7 anni, e Mia, 12, erano già stati inseriti in un orfanotrofio russo: destinati all’adozione, avrebbero perso per sempre la loro identità. Ma ora sono liberi. Con loro, altri 1.269 bambini sono riusciti a tornare a casa.

Il muro di silenzio

Una missione che fino a poco tempo fa sembrava impossibile. Ma l’azione della Corte penale internazionale – che ha emesso un mandato d’arresto per Vladimir Putin e la commissaria per l’infanzia Maria Lvova-Belova – ha iniziato a scardinare il muro di silenzio. Nel solo 2024, nella regione di Kherson, sono rientrati 449 minori.

Diplomazia umanitaria

A favorire i ritorni è stata una rete diplomatica complessa, guidata da chi, come il cardinale Matteo Zuppi su mandato di papa Francesco, ha creduto nella “diplomazia umanitaria”. Pressioni, negoziati, pazienza. Un canale che ha dato i suoi frutti: ora le autorità russe mostrano timidi spiragli di apertura.
Le organizzazioni ucraine in prima linea – Save Ukraine, fondata da Mykola Kuleba, e Bring Kids Back, promossa dalla presidenza – lavorano ogni giorno per localizzare e riportare indietro i bambini. A febbraio, solo Save Ukraine ha salvato 41 minori.
Ma la situazione resta critica: secondo Kiev, sono oltre 19.500 i bambini ucraini trasferiti illegalmente in Russia. Alcuni finiscono in regioni remote, altri vengono “rieducati” in Cecenia.
Angela Danilovych, madre di cinque figli, ha scelto di fuggire piuttosto che piegarsi alla russificazione forzata. Sasha, 8 anni, ha visto sua madre uccisa: oggi è salvo, ma il trauma resta. E ci sono anche storie senza lieto fine, come quella di Kseniia, scomparsa dopo essere stata rapita.
Domani, a Istanbul, riprenderanno i colloqui tra Russia e Stati Uniti. La speranza è che le trattative portino non solo verso la tregua, ma anche verso un ritorno più rapido dei piccoli ostaggi. Perché un’infanzia rubata non si restituisce mai del tutto, ma ogni bambino salvato è una ferita che può iniziare a rimarginarsi.

[Fonte: Avvenire ]

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Oltre a privazioni materiali e alle sofferenze, la guerra produce traumi e danni psicologici in chi vive sulla propria pelle questa terribile esperienza. Per questo l’intervento di Ai.Bi. è mirato a garantire i beni di prima necessità ma anche supporto psicologico, indispensabile per aiutare i minori a superare il disturbo da stress post-traumatico causato da questi tra anni di conflitto.
La guerra ha distrutto molto, ma non ha cancellato la speranza. Come i bambini sognano di costruire un mondo più sicuro in cui vivere, così anche noi dobbiamo continuare a lottare per restituire ai più vulnerabili quella stessa speranza e sicurezza. Ogni gesto di aiuto, ogni sorriso di un bambino che riceve un’educazione, ogni mano tesa a chi ha bisogno, sono segnali che insieme possiamo ricostruire un futuro di pace e di benessere per tutti.
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