Perché diversi paesi d’Europa stanno chiudendo le adozioni internazionali?

Le motivazioni che quasi tutti i Paesi indicano riguardano irregolarità, pratiche poco trasparenti, documenti falsificati, ma sempre risalenti ormai a decenni fa, prima della Convenzione de l’Aja del 29 maggio 1993. La buona prassi dell’Italia del divieto del “fai da te” e dell’obbligo del ricorso agli enti autorizzati

In passato, fino a qualche anno fa, quando si parlava di chiusura alle adozioni internazionali, ci si riferiva ai “Paesi di provenienza” dei bambini; ovvero a quei Paesi da cui generalmente i minori vengono adottati e che, per svariati motivi (cambiamenti normativi, motivazioni politiche, scandali…), decidevano di sospendere o chiudere definitivamente le procedure legate all’adozione internazionale, negando così a tanti minori l’ultima possibilità di poter crescere ed essere amati all’interno di una famiglia, anche se straniera.

Se a chiudere sono i Paesi… “accoglienti”

Oggi, ci troviamo di fronte a nuove chiusure, ma che riguardano i Paesi a noi vicini, Paesi europei che sono sempre stati quelli che i bambini li adottavano dall’estero e che nessuno immaginava sarebbero arrivati a prendere tale decisione. Le motivazioni che quasi tutti indicano riguardano irregolarità, pratiche poco trasparenti, documenti falsificati, traffici… Ma sempre risalenti ormai a decenni fa, prima della Convenzione de l’Aja.
La Danimarca nel 2024 ha posto fine alle adozioni internazionali; i Paesi Bassi permettono di portare a termine le adozioni in corso, escludendo l’avvio di nuove procedure; in Belgio hanno sospeso tutte le nuove adozioni internazionali; la Norvegia, avendo ancora in corso delle indagini, sta valutando se sospendere le attività.

La situazione della Svizzera

Ora, ultima in ordine di tempo, anche la Svizzera ha deciso di fermarsi, con la decisione del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di elaborare, entro il 2026, un progetto di legge per vietare le adozioni internazionali. Anche in questo caso, le motivazioni addotte sono un po’ controintuitive, perché si vieterebbero le adozioni proprio per “tutelare” i minori dal rischio di abusi, visto che, secondo i proponenti, le tutele previste dalla Convenzione dell’Aja non sarebbero più in grado di garantire ai bambini la mancanza di abusi.
Il fatto è che, volendo, si potrebbe riformare la legge interna del Paese, ma l’iter è stato ritenuto troppo costoso a fronte– e questa è l’affermazione più sconcertante da parte delle istituzioni – di un così esiguo numero di adozioni realizzate (nel corso del 2024 ne sono state portate a termine una trentina).
Fortunatamente, davanti a questo scenario, la società civile si è subito mobilitata, raccogliendo in breve tempo oltre 10mila firme per chiedere al Consiglio federale di ritirare la decisione del divieto di adozione internazionale. Le firme sono state presentate alla Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale, che ha accolto a larghissima maggioranza la mozione. Ora la palla passa al Parlamento, e se è vero che, in questo modo, uno spiraglio di speranza si apre, non si può non guardare comunque con grande preoccupazione a quanto accaduto.

Come si pone l’Italia?

Di fronte a tutto questo, la posizione dell’Italia pare diametralmente opposta, forte della scelta fatta, all’indomani dell’adesione alla Convenzione de l’Aja del 1993, di vietare le Adozioni Internazionali “fai da te”, obbligando gli aspiranti genitori a rivolgersi agli Enti Autorizzati, a loro volta controllati dalla Commissione per le Adozioni Internazionali. Il nostro è stato l’unico Paese ad avere intrapreso questa strada, seguita solo dalla Francia che, con una riforma del 2022 ha per la prima volta vietato le adozioni “indipendenti”, stabilendo l’obbligatorietà di rivolgersi agli Enti (EEAA) per quando riguarda l’Adozione Internazionale.

I bambini abbandonati continuano a sperare

Con questo, non si vuole in alcun modo giudicare le scelte fatte dai singoli Paesi che hanno optato per la chiusura delle adozioni, anche perché si deve essere consapevoli di quanto negli anni l’adozione sia cambiata, con l’innalzamento dell’età dei bambini, il mutare del loro stato di salute, il protrarsi dei tempi di attesa, il lievitare dei costi delle procedure… Tutti fattori che non hanno certo favorito la tanto sbandierata accoglienza dei cittadini europei. Ma ritrovarsi nel 2025 a discutere se sia giusto e meno dare alle bambine e i bambini vittime di abbandono la possibilità di poter crescere in un ambiente sereno, all’interno di una famiglia, pare proprio in antitesi con il principio cardine finora mai messo in discussione: il maggior interesse del bambino al centro!
Scegliere la chiusura appare proprio come un voler sbattere la porta in faccia alle migliaia di bambine e bambini abbandonati che continuano a sperare di incontrare, un giorno, la loro famiglia. In barba a qualsiasi decisione dei “grandi”!