Fecondazione e adozione: è possibile farle insieme?

Dania scrive:

Quando ho iniziato il colloquio con gli assistenti sociali, hanno iniziato a dirmi, citandomi testualmente la guida: “È il bambino ad avere bisogno di una famiglia; voi non dovete adottarne uno per il solo motivo che desiderate essere genitori…”.

Quando ho detto che proprio in questa ottica di “accoglienza” ho fatto (e sto ancora facendo) un percorso di fecondazione… Apriti cielo! Non hanno assolutamente accettato il fatto che io volessi dare una famiglia ad altri bambini oltre a quelli naturali… Che era inconcepibile fare le due cose insieme, che la mia era follia…

Forse non sono riuscita a farmi capire fino in fondo, o forse loro non vogliono capire. Io ho voglia di diventare mamma, ma più di tutto voglio poter dare un futuro a dei bambini che hanno avuto la sfortuna di nascere “nella parte sbagliata del mondo”. Siamo stati fortunati io e mio marito, nonostante tutto, nonostante la mia profonda conoscenza del dolore e della perdita… Ed è proprio questa mia conoscenza che mi spinge a fare questo percorso duro e lungo. le ferite di questi bambini non si rimargineranno mai, ma possiamo aiutarli affinché non facciano più male…

 

Cara Dania,

scegliere di avere un figlio adottivo – e quindi di dare una famiglia a un bambino – è un percorso che richiede una “speciale” dedizione, un investimento di energie fisiche, mentali e psicologiche che devono essere proiettate in un’unica direzione.

Non bisogna frammentare i propri pensieri ma orientarli in un unico e assoluto progetto.

Portare avanti contemporaneamente entrambe le scelte purtroppo fa sì che una donna non riesca a nutrire il figlio atteso con un pensiero esclusivo, necessario e fondamentale per creare uno spazio d’accoglienza interiore che generi un legame unico con il proprio bambino.

Dirigere le proprie energie in due differenti direzioni non crea quell’attaccamento necessario affinché si instauri tra genitori e figli una relazione privilegiata.

Se poi il bambino adottato dovesse arrivare nella famiglia contemporaneamente con “l’altro progetto” dato dalla fecondazione assistita, si troverebbe a dover vivere in una condizione sia fisica che psicologica di profondo disagio.

Tutto ciò, perché lei e suo marito non potreste dedicargli quello spazio unico di cui ha bisogno per sviluppare un legame forte e sicuro.

Quindi, cara Dania, è necessario che lei faccia una scelta che, anche se momentaneamente potrà sembrarle difficile e rinunciataria, le permetterà di vivere insieme a suo marito un’esperienza straordinaria, che darà al vostro bambino quella garanzia di serenità e sicurezza di cui ha bisogno nella vita.

 

In bocca al lupo!

 

Elisabetta Rigobello, psicologa e psicoterapeuta di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini