Roma, 90 embrioni persi: “Quella era la mia unica speranza, ora non potrò avere figli”

Pubblichiamo le righe scritte da Federica, una delle madri che, a causa dell’incidente accaduto all’ospedale San Filippo Neri di Roma la scorsa settimana – che ha provocato la perdita di 90 e più embrioni – ha perduto la possibilità di ottenere un figlio tramite la fecondazione assistita.

Federica scrive:
È finita, per me è finita. Non ho più speranze di avere un bambino. Ho perso tutto e ora pretendo giustizia. Ma che cosa posso fare adesso, ditemi: che cosa posso fare? È stata distrutta una parte di me e nessuno potrà ridarmela. Non erano solo i miei embrioni, erano fratelli di due gemelli che ho perduto alla 22ma settimana, erano stati concepiti nello stesso momento. È atroce, non riesco a crederci, avevo pagato 250 euro perché tenessero i miei embrioni. E adesso dicono che non ci sono più. Ho una rabbia che mi brucia dentro: qualcosa bisognerà fare, magari con gli altri. Siamo 40 famiglie distrutte. Avevo avuto già una gravidanza naturale. Le mie speranze finiscono qui, non potrò più avere un figlio naturale.

Cara Federica,

Delusione, rabbia, dolore… Ci sono solo lacrime per esprimere il sentimento di “una madre non più in attesa”, il cui più grande progetto di vita è inesorabilmente fallito; un progetto di vita che impegnava i pensieri quotidiani, che dava senso all’agire della coppia, che rappresentava LA SPERANZA del loro futuro.

In un istante il progetto di costruire una famiglia è venuto meno e ha lasciato solo tanto dolore … un vero lutto.

E come ogni altro lutto anche questo richiede la sua elaborazione, il suo tempo, l’esplicitazione di tutti i sentimenti ad esso collegati… e perché no, anche giustizia.

A volte però, via via che questa condizione di sofferenza lascia la sua traccia nell’anima, qualcosa d’altro può farsi strada, una nuova speranza… forse quella di poter rivolgere il proprio potenziale d’amore verso un progetto altrettanto importante: essere genitore attraverso l’adozione.

È prematuro, può sembrare addirittura “fuori luogo” parlare di questo… ma il compito di vita dell’uomo è proprio quello di elaborare gli eventi complessi e negativi scoprendo in essi un potenziale evolutivo, che quando lo si trova è davvero straordinario perché genera novità e bellezza… come uno dei fiori più belli… il fior di loto che nasce e mette radici nel fango… un terreno in apparenza non consono a tutta la sua bellezza… è solo un’immagine, una semplice metafora che ci può aiutare a lasciare una porta aperta anche all’interno di una grande sofferenza.

Elisabetta Rigobello, Psicologa e Psicoterapeuta di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini