Non ho mai accettato di essere una ragazza adottata…

Sono una donna coreana, adottata e cresciuta da un padre italiano e da  una madre inglese. Per molti anni ho rifiutato e persino odiato la mia condizione adottiva: essere adottata per me significava essere segnata dalla diversità; non assomigliavo ai miei genitori né fisicamente né geneticamente e a differenza delle mie sorelle, figlie biologiche, non avevo un posto vero  nei rami dell’albero genealogico della mia famiglia.

Per la maggior parte del tempo il mio confronto con la diversità  si è svolto nel silenzio totale. Nel silenzio, perché  non ho mai parlato con i miei genitori della mia adozione; nel silenzio, perché sfuggivo alla maggior parte dei tentativi dei miei amici che volevano aprire un dialogo più profondo sull’adozione e sulle relative implicazioni; nel silenzio, perché evitavo di affrontare davvero la realtà  della mia diversità.

Grazie per lo sfogo…

 

 

Marco-CarrettA100Cara Lidia ( ti chiamerò così),

ho letto con attenzione il tuo grido di dolore e vorrei risponderti e raccontarti la mia esperienza di vita…

Mi chiamo Marco Salah Eddine Carretta e da quasi 20 anni posso dire di essere FIGLIO.

Sono nato  a Rabat (Marocco) nel 1992; In realtà se dovessi essere veramente preciso,  nacqui nel 1993… quando una coppia di persone normalissime, semplici, ma con qualcosa che molte coppie di oggi non hanno, vennero a restituirmi una cosa che persi alla nascita. IL DIRITTO AD ESSERE FIGLIO.

Con l’AMORE incondizionato verso qualcuno che non avevano mai visto fisicamente, ma che sentivano forte vicino a se, come tutt’uno. Quella coppia, erano e sono tutt’ora, la mia Mamma e il mio Papà. Prima scrivevo del 1993, questo perché in quell’anno io, Marco, RiNascevo a nuova vita. È proprio così, IO sono nato due volte.

Nel 1992 per me fu una nascita fisica, brutalmente chiamata biologica, ma che mi ha portato ad avere uno dei diritti fondamentali dell’uomo: IL DIRITTO ALLA VITA. Il 6 novembre 1993 invece, ci fu per me la rinascita come FIGLIO.

Infatti è in quella data che ho incontrato i miei genitori e sono stato accolto come figlio e questo per me è significato essere amato, ma soprattutto, essere reso libero dalla schiavitù dell’abbandono. Io di questo devo esserne orgoglioso ed onorato.

La mia vita da figlio adottivo è stata una vita normalissima ed unica, come lo sono tutte le storie di vita.

Non nego che non è stato facile far capire ai miei coetanei il perché della mia poca somiglianza con mio padre o mia madre.

Un episodio molto significativo fu quando, un mio compagno di classe alle scuole elementari, mi si avvicinò e mi chiese: “Mah perché tu sei nero ed invece tua mamma no?”

Questa domanda mi spiazzò, perché a quell’età non riuscivo ad esprimermi nel modo “giusto” per far capire il mio percorso di nascita, non riuscivo a fargli capire che io ho aspettato più di nove mesi per diventare FIGLIO.

Per fortuna, ho avuto la possibilità di avere due genitori che mi hanno sempre raccontato tutto quello che dovevo sapere e me lo raccontavano nel modo giusto per l’età che avevo.

Crescendo e conoscendo ragazzi che avevano vissuto come me l’esperienza dell’abbandono prima e dell’accoglienza dopo, essendo anche loro adottati, confrontandomi con loro,  è iniziato un percorso di maturazione anche sul come comportarmi davanti ad alcune domande molto scomode, che alcune persone “ignoranti” mi ponevano come ad esempio: “Non vuoi rivedere i tuoi VERI genitori ?”. La mia risposta è sempre stata la stessa: “Li vedo tutti i giorni, quando torno a casa da più di 20 anni, perché non si è genitori solo perché concepisci, ma perché accogli DAVVERO tuo figlio nella tua vita”.

Per fortuna, ho anche conosciuto ragazzi e ragazze che capivano a pieno il mio vissuto, perché l’hanno provato sulla loro pelle, o perché sono molto sensibili al tema dell’Accoglienza.

Questo mi ha anche portato a creare un Movimento di giovani ragazzi Accolti (figli adottivi, biologici, affidatari, ecc.), che vuole essere davvero uno strumento in più per lottare contro l’abbandono.

Io ho iniziato questo percorso, perché non mi sentivo solo, ma accompagnato da persone che potevano capirmi e sostenermi.

Questo Movimento di chiama Ai.Bi.Giovani e da più di tre anni cerca di sensibilizzare la società sul tema dell’Accoglienza in tutte le sue forme.

Quindi questo vuole essere un augurio. Se credi di sentirti sola, se credi che nessuno passa capirti, io ti dico: NON SEI SOLA, CI SONO MOLTE PERSONE CHE SANNO COSA PROVI E COSA HAI VISSUTO E POSSONO AIUTARTI PERCHE’ ANCHE LORO HANNO PROVATO SULLA LORO PELLE L’ABBANDONO E COME TE SONO RINATI CON L’ACCOGLIENZA.

 

Marco Carretta

Figlio Adottivo