Affido familiare: “Tutti ci dicono di lasciar perdere, perché poi nessuno ti aiuta”

Buongiorno,

mi chiamo Francesca e ho un bimbo di 6 anni e una bimba di 10. Con mio marito, da tempo desideriamo conoscere meglio l’affido familiare, ma ogni volta che chiediamo a qualcuno, ci sentiamo dire che è molto pesante come esperienza e soprattutto che i servizi sociali ti appioppano il bambino e poi si fanno gli affari loro. Ma è vero? Non vorremmo mettere a rischio la serenità dei nostri figli che sono ancora molto bisognosi di attenzioni.

Grazie

Francesca

 

PELLINICara Francesca,

la sua domanda va a toccare un tema molto caldo.Non credo sia giusto dire che i servizi sociali “si fanno gli affari loro”.

In molti, troppi, casi l’affido familiare non è utilizzato nelle situazioni di temporanea difficoltà delle famiglie d’origine dei bambini coinvolti, ma come “ultima spiaggia”. Infatti la mancanza di risorse umane ed economiche ormai costringe anche i servizi sociali più volonterosi ad intervenire sulle famiglie a tutela dei bimbi solo quando la situazione raggiunge livelli di difficoltà che possono compromettere definitivamente il benessere dei figli e, spesso, quando la recuperabilità delle capacità genitoriali della famiglia è ormai impossibile. E’ chiaro che in questi casi la famiglia affidataria non è una famiglia temporanea, ma alternativa. Ciò significa che un progetto di lavoro con il bambino e con i suoi genitori, se esiste, non è finalizzato al rientro in famiglia.

Con una prospettiva di questo tipo, è facile che una volta inserito il bambino nella famiglia accogliente, i servizi sociali “risparmino” le poche risorse a loro disposizione intervenendo solo se necessario  e per periodiche verifiche, a volte solo annuali. Le famiglie affidatarie si sentono così sole e abbandonate a se stesse nell’affrontare le difficoltà del figlio accolto.

Col sostegno di una associazione e di una rete di famiglie, questo problema può essere superato: gli operatori sostengono la famiglia accogliente e si interfacciano con i servizi sociali, condividendo nella quotidianità gioie e difficoltà.

Per superare questa situazione di non progettualità, occorre un cambiamento culturale; si deve realizzare una vera Accoglienza Familiare Temporanea (AFT) che non perda di vista l’obiettivo dell’affido, che deve essere il rientro in famiglia del minore. L’accoglienza familiare deve essere applicata solo se ci sono delle reali possibilità di superamento dei problemi che l’hanno generata, quindi serve un progetto chiaro e condiviso da tutti i protagonisti e, soprattutto, un coinvolgimento maggiore delle associazioni nella gestione del progetto stesso.

Gentile Francesca, il mio consiglio è di contattare un’associazione di famiglie che sarà in grado di sciogliere tutti i suoi dubbi e accompagnare lei e la sua famiglia in quella che potrebbe rivelarsi una delle esperienze più appaganti che insieme potreste fare. Non si lasci intimorire.

Saluti,

Cristina Riccardi

Membro del consiglio direttivo di Ai.Bi. con delega all’accoglienza familiare temporanea