Porto Empedocle, nel tendone della vergogna: “Ma che accoglienza è questa?”

vergognaNessuno commento retorico, nessuna inquadratura ad effetto: la semplice, cruda registrazione di qualche minuto (per l’esattezza: 3 minuti e 33 secondi che sembrano un tempo infinito) all’interno del “tendone della vergogna” di Porto Empedocle.

Le immagini parlano da sole. E’ questa l’accoglienza che riserviamo ai profughi che arrivano sulle nostre coste? E’ questa un’ospitalità degna di un essere umano?

E le donne e i bambini, le fasce più deboli di questa emergenza, quanto possono resistere in una struttura simile?

L’operatore del Corriere della Sera è entrato clandestinamente nel tendone, per realizzare le riprese, grazie ai volontari della Protezione Civile, superando pattuglie di carabinieri e polizia.

Il vicequestore di Agrigento era stato chiaro: «Nessun giornalista è mai stato autorizzato a visitare il centro». Forse perché il centro è al collasso, sovraffollato, pieno di 300 migranti ammassati in un tendone di 40 metri per 60 accanto al porto. Gestito dalla Prefettura, è nato come punto di ristoro per una prima accoglienza, ma oggi trattiene immigrati per giorni, settimane, mesi.

Così racconta Jacopo Storni, il giornalista del Corriere:Gli operatori umanitari vogliono mostrarci le condizioni di accoglienza perché «qui le persone vivono come bestie, è una vergogna». I migranti dormono su materassi sbrindellati stesi a terra, nessuna brandina e nessun letto. Tutti appiccicati. Si mangia sul letto oppure per terra. Non ci sono pareti divisorie, aria maleodorante, le voci degli ospiti si aggrovigliano l’una sull’altra in un’eterna confusione. I servizi igienici – pochi per trecento persone – versano in condizioni drammatiche: lavandini perennemente intasati, docce sporche, porte rotte, nessun wc. Nel centro anche donne e minori. Qualcuno è malato di dermatite, qualcun altro ha la febbre. Il medico arriva a chiamata ma non sempre è disponibile. Alcuni portano i segni delle torture subite in Libia. Ci sono anche alcuni dei sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre”.

Gli abitanti di Porto Empedocle tentano di sopperire ai deficit istituzionali. L’altro giorno hanno portato l’agnello. Qualcuno regala vestiti. E poi biscotti e dolciumi che integrano i tre pasti giornalieri forniti dalla Protezione Civile. E poi coperte. D’inverno fa freddo e non ci sono termosifoni, mentre in estate la temperatura sale anche fino a 40 gradi”.

Quanto è difficile vivere qui?

E si può definire vita questa?