Adozione internazionale: coppie inviate allo sbaraglio nel paese straniero. Le responsabilità della CAI sul mancato controllo

Adozioni-internazionali350Gli Enti Autorizzati all’adozione internazionale che non hanno personale proprio all’estero, ma si servono di sedicenti intermediari pagati a cottimo, non dovrebbero operare con il beneplacito del governo italiano: a confermare questa che dovrebbe essere un’evidenza, è un episodio di cronaca riemerso proprio in questi giorni, e che sembra supportare la posizione di alcuni enti, fra i quali Amici dei Bambini, circa la necessità di rivedere da zero gli standard qualitativi degli enti stessi.

Il caso non è nuovo, ma è letteralmente “riesploso” sulle prime pagine dei giornali: quella vissuta dai coniugi pisani Alessia Raglianti e Tiziano Berardini è una vicenda di mala adozione che sta facendo molto discutere, e che sembra assumere sempre più i connotati di una vera e propria truffa internazionale. A fine gennaio, la coppia si era già rivolta all’ex premier Letta per un aiuto.

Questa la loro storia in breve. Quattro anni fa, i coniugi Berardini decidono di adottare un bambino kirghiso e contattano l’associazione Airone, regolarmente autorizzata dal Ministero, con sede ad Albenga e filiali a Bergamo e Pisa. In seguito alla denuncia di diverse coppie, però, si scopre che si tratta di una truffa. Lo scandalo scoppia prima in Kirghizistan e poi in Italia: la Commissione per le Adozioni Internazionali, dopo varie decisioni e ripensamenti, scioglie Airone, le revoca il mandato e prende in carico la coppia pisana che nel frattempo aveva inoltrato svariate proteste e richieste di chiarimento. La coppia stessa sarebbe rimasta vittima di un raggiro: il piccolo Bakit, di cinque anni, che i due avrebbero dovuto adottare e per le cui pratiche gli aspiranti genitori adottivi avevano già investito circa 20.000 Euro, non solo non era orfano, ma era gravemente malato e non poteva nemmeno essere adottato.

Al momento, del caso si sta occupando la procura di Savona, in quanto la sede legale dell’associazione è ad Albenga. Se da una parte – stando a una ricerca effettuata da Il Secolo XIX – pare che Airone abbia fatto perdere le proprie tracce, dall’altra il legale dell’organizzazione, intervistato da Il Corriere della Sera, prende le difese dei suoi assistiti: “Naturalmente ci dogliamo con la coppia pisana per quanto successo”,  ha dichiarato l’avvocato Pilerio Plastina. “Vogliamo però ricordare che siamo anche noi parte lesa in questa vicenda, perché è molto difficile operare in certi paesi stranieri. Il Kirghizistan era appena stato accolto nel programma di adozione, quando siamo arrivati. Noi ci siamo fidati di referenti che non si sono dimostrati all’altezza della situazione. Ma nel processo penale che si sta svolgendo nel Tribunale di Biskek noi siamo stati riconosciuti parti offese per truffa.”

Sia come sia, è chiaro che – in qualche fase del processo – si è verificato un corto circuito, le cui conseguenze ricadono sui due coniugi di Pisa e sulle loro aspettative di diventare genitori. Oltre che sulle loro tasche, naturalmente. Impossibile non riscontrare, d’altro canto, una carenza di controllo da parte della Commissione per le Adozioni Internazionali, che ora dovrà prendere in seria considerazione l’ipotesi di intensificare il monitoraggio di situazioni analoghe e “a rischio”. Sempre che questo possa bastare a risolvere il problema, che sembra avere radici più profonde.

Non si possono più mandare le coppie allo sbaraglio in questa maniera, dichiara Marco Griffini, Presidente di Ai.Bi.. “Ora che si profila un orizzonte di governabilità per qualche anno, si può pensare di intervenire, nel contesto della riforma delle adozioni internazionali che promuoviamo, su uno degli aspetti che noi riteniamo più importanti e qualificanti: il fatto che l’ente, per essere autorizzato, debba essere in grado di controllare l’intero iter adottivo, sia sull’Italia, che sull’estero, in special modo se si tratta di paesi che non hanno ancora ratificato la convenzione dell’Aja.”

Quello della sede estera e del personale dipendente è un punto nodale della proposta di riforma presentata da Ai.Bi. in Parlamento, e su cui l’Associazione ha richiamato lo scorso venerdì 21 febbraio, l’attenzione del neo premier, Matteo Renzi, attraverso una lettera aperta.

Come si sarebbe potuto evitare un episodio del genere? Basta con avvocati, referenti e quant’altro, spiega Griffini, occorre che ogni ente abbia in loco dipendenti propri, assunti e pagati, con una sede di riferimento. Spesso le coppie sono costrette a portare i soldi in contanti all’estero e pagare in nero questi sedicenti intermediari. Questa non è adozione internazionale, ma un vero e proprio ‘mercato’!

Che fare quindi? Griffini ribadisce l’ipotesi prospettata già in più occasioni: “Una delle soluzioni potrebbe essere la restituzione, da parte di tutti gli enti, della loro autorizzazione, ripartendo quindi da zero, con nuovi requisiti, in modo che siano garantite le necessarie condizioni di sicurezza e trasparenza.”

 

(Fonti: Il Secolo XIX, Il Corriere della Sera, Il Tirreno)