Il modello di Ai.Bi. non è l’unico che funziona. Assurdo imporlo per legge

Pur apprezzando le buone intenzioni, questa proposta di trasformare in legge il modello “Ai.Bi.” mi lascia quantomeno perplesso. Ho conosciuto, seppur indirettamente, diverse realtà di paesi esteri e diverse modalità con cui operano gli enti. Stabilire per legge che ce ne deve essere una sola che deve valere per tutti gli enti e per tutti i paesi mi sembra una decisione che va nella direzione opposta rispetto agli obiettivi di semplificazione, riduzione dei costi e aumento dell’efficacia che si prefiggono le proposte di Ai.Bi. Probabilmente l’organizzazione che funziona meglio in Nepal non è la stessa che può funzionare in Bulgaria o in Perù o in Russia. Poi il caso di Airone mi sembra che abbia dei profili di responsabilità dell’ente talmente pesanti (non credo che si possano limitare alla sola omissione di controllo) da non poter essere preso come metro di valutazione per una riforma del sistema.

Paolo

 

CRINO (2)Buongiorno Paolo,

se l’ipotesi della nostra proposta fosse semplicemente quella di rendere obbligatorio  il modello “Ai.Bi.”, sarei pienamente d’accordo con lei.

Quello che però Ai.Bi. propone è una ben più ampia riforma di tutto il sistema dell’adozione internazionale capace di contrastare la crisi in atto, certo contenente anche requisiti ben precisi per gli Enti autorizzati, che non necessariamente dovranno essere soddisfatti al meglio solo dal modello “Ai.Bi.”.

Provo a spiegarmi, partendo appunto dalle proposte del nostro Manifesto, che possono essere raggruppate in tre grandi ambiti.

Innanzi tutto, alcune di queste proposte riguardano le attribuzioni di attori diversi dagli Enti autorizzati, ad esempio servizi sociali e tribunali dei minorenni, per fare sì che tutte le famiglie che lo desiderano possano essere accompagnate lungo il cammino dell’adozione, anche grazie a procedure più semplici e quindi più brevi.

In secondo luogo, l’idea è quella di dare finalmente peso all’adozione internazionale all’interno della nostra politica estera, lavorando così per superare le incompatibilità tra i diversi sistemi giuridici e per potere accogliere anche minori in condizioni particolari o in situazioni di emergenza umanitaria.

Infine, un terzo ambito di intervento, e solo quello, riguarda le caratteristiche dei futuri Enti autorizzati. Abbiamo anche bisogno, tra le altre questioni sopra richiamate, di rendere sicura e consapevole la scelta dell’ente da parte della coppia adottiva, sia in termini di servizi offerti, che devono essere qualitativamente adeguati almeno nei loro aspetti essenziali, sia in termini di costi sostenuti in relazione a questi servizi. Richiedendo agli enti, standard qualitativi chiari e prezzi del tutto trasparenti, e poi controllandone il rispetto, crediamo che il sacrificio economico oggi richiesto alle coppie adottive può essere ridotto.

Discutiamo allora di quali rimedi possano essere adottati per il sistema dell’adozione internazionale, in evidente affanno. All’interno di questa riforma di sistema, discutiamo anche di quali requisiti qualitativi possono essere più utili alle coppie che adottano oggi e a quelle che potrebbero farlo in futuro.

Se poi questi requisiti saranno meglio applicati all’interno del modello “Ai.Bi.” o all’interno di altri modelli credo sia, soprattutto per le coppie, non essenziale.

Cordiali saluti,

Antonio Crinò

Direttore Generale di Ai.Bi.