Dove infuria la guerra, sono le famiglie a tenere viva la speranza

siriaLa settimana a cavallo fra aprile e maggio è stata una delle più sanguinose dall’inizio della guerra in Siria: tra gli attacchi che hanno causato più morti, i due raid aerei di Aleppo, avvenuti a distanza di un solo giorno l’uno dall’altro. Il primo, forse il più atroce, ha colpito una scuola elementare, spezzando la vita di almeno 25 bambini e ferendone molti altri; il secondo ha invece preso di mira un popoloso mercato, causando la morte di decine di persone, tra cui – ancora una volta – numerosi bambini.
Quello appena trascorso è stato un weekend segnato anche da un importante evento bellico: la caduta di Homs, da sempre roccaforte dei ribelli e fulcro della rivoluzione, a favore delle forze governative. Trovatisi accerchiati, i ribelli sono stati costretti a firmare un accordo di resa, in cambio di un corridoio per poter lasciare la città in sicurezza. Gli analisti prevedono che questo episodio porterà a un’intensificazione degli scontri proprio intorno alla città di Aleppo, la seconda per importanza in Siria, anch’essa al centro di una brutale contesa fra opposizione e governo, dove a pagare, come al solito, sono i civili inermi.
La zona stessa in cui Amici dei Bambini è presente con i suoi progetti di sostegno alla popolazione, pur non raggiungendo i livelli di intensità degli scontri di altre grosse città siriane, è tuttavia sottoposta a frequenti bombardamenti e scambi di mortaio, che stanno mettendo a dura prova gli abitanti di centri come Binnish, Taftanaz e Sarmin.
In queste città, così come in tutto il nord della Siria, lo stato non esiste più, non c’è più alcuna attività economica, non esistono le banche, le poste, non ci sono connessioni telefoniche o elettriche, se non ripristinate dai gruppi armati che controllano una determinata area. Le poche attività che proseguono, sono svolte a livello di volontariato. Ci sono insegnanti che continuano a insegnare nelle classi, medici che assistono le persone in cliniche sotterranee. Le persone non coltivano più i campi perché non possono essere irrigati, e, quando lo sono, i raccolti vengono spesso distrutti da bombe incendiarie. I bambini rischiano la vita giocando per le strade, così come stando in casa, se non vivono in piani interrati.
In questo contesto, vivere una vita normale è praticamente impossibile. Eppure, persino sotto le bombe, l’umanità sembra voler riemergere con il suo volto più caritatevole, per riaffermare un ordine, per riportare una speranza.
In attesa che la comunità umanitaria internazionale, in questa fase di stallo, riesca a rispondere adeguatamente alla crisi e ad accedere alle aree sotto assedio, le comunità locali sono state costrette ad attivarsi per auto-sostenersi, guidate da un forte spirito di solidarietà e sorrette dagli aiuti che riescono a ottenere grazie a organizzazioni come Syrian Children Relief e la stessa Ai.Bi..
Un supporto che parte dal basso, dunque, dalle famiglie stesse, che si sono organizzate creando una vera a propria rete per rispondere all’emergenza e ai bisogni primari della popolazione. Famiglie che sanno aprirsi all’accoglienza anche in circostanze così drammatiche e difficili, come quelle che danno ospitalità agli orfani di guerra e che Ai.Bi. supporta tramite il sostegno a distanza. Famiglie animate da un grande spirito di carità, ma estremamente bisognose di supporto materiale.

Queste famiglie, ora, hanno bisogno anche di noi. Non restiamo a guardare.

Se vuoi dare anche tu il tuo contributo ai progetti di Ai.Bi. in Siria, per garantire ai bambini e alle famiglie siriane il diritto di sentirsi a casa, nel proprio Paese,
visita il sito dedicato.

 

Luigi Mariani