Come cambiare l’adozione internazionale? Le 6 proposte di “Vita”

costi adozioni2Adozioni internazionali: è ora di cambiare. Un’inchiesta del mensile “Vita” evidenzia sei proposte per arginare la crisi dell’accoglienza in Italia di bambini abbandonati provenienti dal resto del mondo. Un calo registrato a livello globale, ma che in Italia si mostra particolarmente grave, se è vero che il nostro è il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di adozioni. Una ricchezza che ora è a rischio. Per questo, il mensile del non profit ha interpellato 5 protagonisti della complessa e affascinante realtà delle adozioni, tra cui Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini, e altri referenti sia di enti accreditati che della Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI). Dal loro confronto, a volte anche vivace, sono emerse sei proposte, non sempre condivise da tutti, per invertire la rotta e mettersi alle spalle questa crisi.

Innanzitutto la trasparenza. L’inchiesta di “Vita” evidenzia la necessità di introdurre l’obbligo del bilancio certificato per tutti gli enti, da pubblicare sui propri siti, e quello alla tracciabilità di qualsiasi movimento monetario, sia in Italia che all’estero. Su questo è chiamata a vigilare la Cai conaudit biennali che verifichino l’adeguatezza degli enti stessi.

La trasparenza non dovrebbe riguardare solo gli aspetti economici, ma anche quelli “tecnici”. Ogni ente dovrebbe, secondo le personalità intervistate, dare conto ogni 3 mesi dei dati su incarichi ricevuti, abbinamenti effettuati, adozioni concluse e in quali Paesi. Le famiglie dovrebbero poi avere accesso alle informazioni relative allo stato di avanzamento del proprio dossier.

In terzo luogo è necessario sostenere economicamente le famiglie, con la possibilità di dedurre dal reddito complessivo il 100% delle spese sostenute, documentate e tracciate, in base all’autocertificazione degli stessi genitori adottivi. Oggi è prevista la deducibilità solo della metà dei costi e un rimborso forfettario finanziato annualmente con un fondo ad hoc. L’obiettivo è quello di poter sanare gradualmente il fatto che l’adozione internazionale è l’unica forma di genitorialità pagata direttamente dalle famiglie.

Sempre in relazione alle spese, è emersa la necessità di aggiornare le tabelle dei costi, ridefinendoli in base ai servizi offerti dagli enti per l’intero iter adottivo. Se non è possibile fissare un tetto di spesa uguale per tutti, si dovrebbe cercare almeno di garantire alle famiglie una prospettiva di costi certi, compatibilmente con la diversa qualità dei servizi offerti dagli enti e delle larghe differenze tra i costi previsti dai vari Paesi.

Oltre ai costi, è necessario dare certezza anche sui tempi dell’adozione. La legge vigente prevede un massimo di 6 mesi per il rilascio del decreto di idoneità, ma in pratica i tempi medi sono di circa un anno. Va inoltre avviato un processo di omologazione dei protocolli regionali. A seconda delle regioni, infatti, attualmente i percorsi presentano divergenze eccessive.

Maggiore attenzione poi alla fase post-adottiva. Le personalità ascoltate da “Vita” propongono di assicurare l’accompagnamento alle coppie per almeno 18 mesi dall’ingresso in Italia del minore adottato. Un accompagnamento che dovrebbe essere effettuato con risorse qualificate e con una presenza capillare sul territorio. I servizi potranno essere offerti dagli stessi enti, dai servizi sociali e sanitari locali, ma anche da altri soggetti privati, operando sempre in regime di convenzione con il pubblico. Particolare sostegno andrebbe offerto alle famiglie che accolgono i bambini con gravi disabilità o patologie.