Raffaele Tagliabue racconta gli Ai.Bi.G: “Loro non mi fanno le solite domande”

tagliabue200Raffaele Tagliabue è uno che ha cancellato ben presto la parola “facile” dalla sua vita. Abbandonato dalla sua famiglia di origine, in Brasile, è stato adottato da una coppia lombarda grazie ad Amici dei Bambini, ma ha vissuto un conflitto interiore duro da superare. Oggi è molto attivo con gli Ai.Bi. G, il movimento di giovani volontari di Ai.Bi che, in un certo senso, gli ha cambiato la vita.

Ha scelto di raccontare lui stesso la sua storia durante la XXIII Settimana di formazione e studi delle associazioni Ai.Bi. e La Pietra Scartata, a Gabicce Mare. Con una lucida analisi della sua vita, definisce “caotica” la sua esperienza di figlio. “Ancora oggi – dice – non sono del tutto emotivamente tranquillo, pur avendo ricevuto in dono una famiglia in cui si vive di accoglienza.

Parla della sua adolescenza, Raffaele, di quel “tempo di forti contrasti” che ogni persona si trova ad affrontare, tanto più se ha subito il trauma dell’abbandono. “Ho sempre parlato bene della realtà delle adozioni – ricorda –, ma non riuscivo a parlare della mia. Forse davo per scontato l’amore dei miei genitori per me, non lo tenevo in considerazione più di tanto”. Ciò che più di ogni altra cosa faceva sentire Raffaele a disagio era il colore della sua pelle. “Vedevo che era diverso da quello dei miei genitori – racconta – e questo mi portava a chiedermi : ‘Perché proprio io sono stato abbandonato?’. Anche i litigi con mio fratello erano dovuti allo stesso motivo: lui, rumeno e di pelle bianca, poteva apparire come figlio biologico dei nostri genitori, io no”.

La svolta nella vita di Raffaele si chiama Ai.Bi. G. Quando gli venne proposto di entrare nel gruppo, accettò animato dal desiderio di poter condividere la propria esperienza con altri ragazzi dal passato simile al suo e quindi con la speranza di poter finalmente accettare la propria adozione. “Appena entrato nel gruppo – ammette Raffaele – mi resi conto che lì nessuno mi avrebbe fatto le solite domande che sentivo da una vita: ‘Da dove vieni?’, ‘Conosci la tua mamma biologica?’

Da allora la vita di Raffaele è cambiata. Oggi non solo ha accettato la sua storia personale, ma è sicuro di sé soprattutto nel momento in cui si tratta di mettersi al servizio degli altri. “Ai.Bi.G può ottenere grandi risultati – dice – : dobbiamo saper accogliere chi è vicino a noi e aprirci a nuove dimensioni”. Con una missione difficile e affascinante da compiere, sintetizzata nello slogan di Ai.Bi.G: “2036: c’era una volta l’abbandono”.