“Bisogna separarli, non c’è scelta”: così l’Italia accoglie i minori stranieri non accompagnati

misnaUn nuovo picco nel fenomeno dei minori stranieri non accompagnati è stato toccato nella mattinata di mercoledì 10 settembre. Tra gli 877 migranti sbarcati sul Molo Pisacane del porto di Napoli, 149 sono minori e di questi ben 117 sono giunti soli. Insieme a loro, hanno toccato terra anche 633 uomini e 95 donne, di cui 3 incinte. Sono tutti reduci da una traversata durata quasi due settimane, 12 infiniti giorni.

Negli occhi di questi ragazzini è evidente il terrore provato nel corso di un viaggio, che per loro è stato un vero incubo, dal quale ancora non riescono a svegliarsi. La quasi totalità di loro ha tra i 12 e i 16 anni, sono pochissimi i maggiorenni.

E mentre vengono soccorsi e portati in salvo, sono anche sottoposti a schedatura e divisioni forzate, da parte di uno Stato che si ostina ad affrontare il fenomeno degli sbarchi come un’emergenza, anziché come una situazione ormai strutturale. Come avviene quasi ogni giorno, si ricorre a soluzioni di fortuna che molto spesso non tengono conto delle esigenze dei ragazzi sbarcati. Alcuni saranno ospitati dai centri di accoglienza delle 5 province campane, mentre gli altri saranno distribuiti tra le altre regioni. “Cercheremo di farvi stare vicini” dicono i mediatori culturali che tentano di comunicare con loro. In molti casi sono fratelli, cugini o amici che non vogliono separarsi. Ma quella di non dividerli è una promessa molto difficile da mantenere. “Bisogna sparpagliarli, non c’è scelta”.

Nell’attesa di conoscere la loro destinazione, vengono raggruppati sotto dei tendoni. Poco lontano da lì, al molo Beverello, è ormeggiata una nave da crociera: il mondo del benessere è a due passi da quello della miseria, ma sembra non accorgersi di esso. A tutti i migranti viene spillato sul collo della maglietta un biglietto con la scritta “Questura di Napoli” e un numero stampato: la loro identità, subito dopo lo sbarco in Italia, è un numero di 3 cifre. Davanti a questo scenario, i 117 bambini restano ammutoliti, stremati, disorientati, pur essendo generalmente in buona salute.

Vengono da Somalia, Gambia, Egitto, Eritrea, Senegal, Nigeria, Sudan, Siria e Bangladesh. “Molti vogliono studiare – riferisce Jamal Qaddora, responsabile immigrati della Cgil di Napoli –, migliorare la loro condizione”.

L’inizio in terra italiana, però, è per loro decisamente difficile. Schedati, raggruppati sotto dei tendoni, divisi dai conoscenti e sparpagliati in giro per il Paese. “Dobbiamo trovare un equilibrio tra la tradizione solidale dell’accoglienza e l’esigenza di decoro”, afferma Roberta Gaeta, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Napoli. Quell’equilibrio, per Amici dei Bambini, si chiama accoglienza familiare: è solo così che i Misna possono ritrovare la serenità perduta durante viaggi drammatici e la speranza in una vita migliore. Ci sono già 1399 famiglie, in tutto il Paese, pronte ad prendersi cura di questi ragazzi. Ma molte altre ne servirebbero. E un Centro di Prima Accoglienza, Casa Mosè a Messina, che ogni giorno dà rifugio a coloro che sono appena sbarcati. Questa è per Ai.Bi. l’accoglienza giusta.

 

Fonte: Il Mattino