Adozioni internazionali: perché la procedura in Italia non può diventare un ticket unico da 500 euro?

La notizia del ticket unificato in tutt’Italia per chi sceglie l’eterologa mi ha fatto montare solo rabbia. Sono sardo. Ormai sette anni fa mia moglie ed io abbiamo adottato una meravigliosa bambina. Ma quanti sacrifici nel lontano 2008 per raggiungere ogni volta Roma! Qualche politico si è mai preoccupato che l’adozione ha costi spesso improponibili per chi vive in luoghi più o meno isolati? Perché i ‘turisti procreativi’ devono poter beneficiare di un ticket unificato e noi ‘turisti adottivi’ restiamo sempre e solo ‘turisti’? Perché la conferenza della Regioni non ha mai trovato un accordo su forme di supporto per chi decide di metter su famiglia adottando? Potendo, noi avremmo scelto di adottare anche un secondo figlio: ma perché per esempio almeno le spese delle procedura in Italia non se la carica da subito lo Stato? Sarebbe un bello sconto di almeno 4mila euro!

Gavino

 

IRENEBERTUZZIGentile Gavino,

lei affronta un tasto più che dolente. Conosciamo bene le difficoltà delle famiglie adottive che oltre ai costi della procedura devono spesso farsi carico di viaggi estenuanti. E’ stata proprio questa consapevolezza che ha spinto l’associazione ad aprire, oltre alla sede nazionale di Milano, 10 sedi regionali, 4 punti informativi e 15 spazi famiglia per coprire di fatto l’intero territorio nazionale. Riguardo alla questione ticket, la sua idea è più che condivisibile. Amici dei Bambini aveva ipotizzato di precedere la politica, attivando il cosiddetto QUAF, il Quoziente Adottivo Familiare, per le coppie che intraprendono la strada dell’adozione internazionale. L’ipotesi era di effettuare una valutazione della capacità economica di ogni aspirante famiglia adottiva, che poi avrebbe pagato in base al reddito familiare, con l’obiettivo finale di raggiungere il costo zero per le famiglie meno abbienti. Ma il progetto è naufragato, perché per decollare non potevamo fare  ameno dell’adesione delle regioni che avrebbero dovuto firmare i protocolli operativi per la gestione condivisa degli iter adottivi o in alternativa optare per la sottoscrizione di convenzioni a copertura parziale dei costi delle pratiche. Ma evidentemente le Regioni sono sbilanciate verso il business del figlio in provetta.

Irene Bertuzzi

Responsabile Adozioni Internazionali di Ai.Bi.