Lasciateci essere come tutti gli altri figli

adozioneLe richieste d ‘adozione in Italia sono sempre meno. E chi ha trovato una nuova famiglia da bambino passa l’età adulta sentendosi diverso. Lo ha scritto a Grazia una lettrice e queste sono le storie di altri ragazzi come lei. Riportiamo l’articolo in versione integrale a firma di Monica Bogliardi.

“Caro direttore, sono una ragazza di 24 anni. Vorrei parlarle di un argomento che mi sta a cuore: essere figli adottivi. Sono stata accolta, a tre anni, da genitori che mi hanno tanto amata, ma ho sempre vissuto con estremo disagio questo continuo far differenze tra figli adottivi e figli naturali. Da sempre so di essere una bambina adottiva, ma mi pesa tutt’ oggi essere classificata come figlia “di categoria B” solo perché non ho avuto la stessa fortuna di altri bambini cresciuti da chi li ha tenuti in pancia per nove mesi. Sarebbe importante lanciare il messaggio che anche noi meritiamo di essere solo figli. Dietro a ogni storia di adozione ci sono profonde ferite e ogni  volta che, per vari motivi, devo dire dove sono nata, l’invadenza delle persone mi fa soffrire. Ovviamente alle critiche e alla curiosità morbosa non ci sarà mai rimedio ma voi, intanto, non potreste occuparvi di questo argomento?”.

La lettrice di Grazia non ha voluto che fosse menzionato il suo nome, ma abbiamo accolto la sua richiesta. Per capire di che cosa è fatto e da cosa arrivi quel sentirsi “di serie B”,anche dopo anni che si è stati accolti in una famiglia che si è rivelata capace di dare amore. Del resto, l’ adozione è tema di stretta attualità nel nuovo film di Gabriele Salvatores e anche in uno dei film più attesi del 2015, Black or White (uscirà il 30 gennaio ), in cui Kevin Costner è un uomo che lotta per avere in custodia la nipotina di colore. “L’ abbandono che hai subìto nel passato non si cancella mai, anche se hai la fortuna di sperimentare un’ accoglienza buona“, spiega Marco Carretta, responsabile di Aibi Giovani ( aibig.it ), gruppo formato da adulti adottati . “Il problema è che devi imparare a convivere con quel buco, nel tuo passato , che ti fa soffrire anche a distanza di decenni . Per questo è utile che gli adottati adulti continuino a incontrarsi tra loro e magari a confrontarsi con psicoterapeuti che danno consigli personalizzati. Perché ogni sofferenza è diversa . Io, per esempio , sono marocchino, e sono stato adottato a 22 mesi. Non ho mai avuto problemi in famiglia, neanche quando è arrivata una sorellina biologica , perché siamo stati trattati nello stesso modo . Ma mi sono sentito “di serie B ” per il colore della mia pelle . La soluzione è parlarne: se ti confronti con persone che hanno avuto il tuo stesso dolore, diventa un dolore più piccolo”.

A volte il disagio di sentirsi diversi in quanto figli non biologici si somma , se il ragazzo è adolescente, ai disagi tipici di quell’ età complicata. E il mix diventa esplosivo . “I teenager adottati che si presentano ai nostri colloqui sono a disagio perché le classiche domande ”chi sono?” “cosa diventerò? “si saldano all’ interrogativo “da dove vengo? “, che spesso non trova risposta”, spiega Katia Provantini , psicologa di H Minotauro, associazione specializzata in problematiche giovanili. “Molti ragazzi pensano d’essere stati abbandonati perché qualcosa non funzionava in loro. E l’ autocolpevolizzazione li fa stare male e sentire di serie B. Altri, invece, pensano d ‘ aver avuto genitori biologici inadeguati, egoisti , o delinquenti , in una parola incapaci di tenersi stretti i loro figli. Altri ancora, infine, stanno male perché hanno genitori adottivi impreparati, che non parlano del loro percorso, lo nascondono, come spesso nascondono la lingua e le tradizioni dei paesi da cui vengono i ragazzi. Insomma , si soffre per il nodo irrisolto.. .del Dna: se non lo superi , il problema te lo trascini prima a scuola, dove molti adottati hanno scarsi rendimenti scolastici, e poi nell’ età adulta. In cui tutti sottolineano, facendoti soffrire, l’ importanza dei legami di sangue“.

Quando non sei tu a tormentarti spesso ci pensano gli altri, quelli che, come dice la nostra lettrice, considerano motivo di superiorità” l’ essere allevati dalla stessa persona che ti ha tenuto nella pancia”. E che sono sempre pronti a farti sentire diverso, magari anche solo “poverino “,perché nonhai lo stesso sangue dei tuoi genitori . “Questo atteggiamento riservato a chi è stato adottato è frutto di  un’ errata cultura dell’’ adozione, tutta italiana. Altro che poverine : le persone adottate sono più fortunate delle altre, in quanto sono state davvero scelte e volute dai loro genitori, spesso molto più di molti figli naturali”, dice Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. “Purtroppo l’ immagine dell’ adozione può solo peggiorare:  i media, infatti, non fanno che parlare di fecondazione eterologa . Così il messaggio che passa è che aiutare un bambino in difficoltà è meno bello e più difficile che averne uno biologico grazie ai nuovi metodi di fecondazione“.

Chi si appresta , oggi , ad accogliere un bambino , sappia due cose . Primo : che fa una cosa meritevole, ancor più che in passato , perché oggi le richieste di bambini in adozione sono crollate:  nel 2013 solo 2825 bimbi hanno trovato una nuova famiglia, contro i 4.022 del 2011. Secondo : che sono molti gli adulti che hanno superato il sentimento da “figli di un dio minore”. “Da recenti studi americani sull’ immagine sociale dell’ adozione è risultato che, sebbene in superficie siano tutti favorevoli a questo istituto, sotto sotto molti pensano che solo i legami di sangue sono quelli “veri “. La percezione della vostra lettrice è corretta , ed è confermata dai nostri detti popolari: si dice “di mamma ce ne una sola”, “buon sangue non mente “, “il sangue non è acqua””, spiega lo psicologo Marco Chistolini, direttore scientifico del  Ciai, il primo ente italiano a occuparsi di adozioni internazionali . “Eppure, nonostante tutto , le ricerche dicono che l ‘ 80 per cento delle persone adottate nei Paesi occidentali raggiunge un buon livello di equilibrio e benessere psicofisico . La fase di autostima negativa, alla lunga, si supera.

Certo, libri e film di Hollywood si occupano regolarmente di quel 20 per cento di casi infelici . Ma la realtà, in questo caso , è molto meglio della fiction”